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ebook di ArchigraficA

lunedì 29 dicembre 2014

Nascere genio




di Claudio Cajati


Sono nato che ero già un genio. I miei genitori, invece, due cretini. Come è possibile che da due cretini nasca un genio? È proprio un bel salto. Ne ho concluso che è errata l’affermazione “Natura non facit saltus”. Invece li fa i salti, e il mio caso ne è una dimostrazione esemplare.
Tanto cretini i miei genitori, che non volevano farmi nascere. Dicevano a se stessi e ai rispettivi suoceri e suocere che non era ancora il momento giusto, che loro non si sentivano maturi abbastanza per fare un figlio. Solo che, bestie libidinose e malaccorte quali sono, tanto si sbatterono a letto che bucarono il preservativo. Ed eccomi qua, figlio non voluto, figlio eccezionale. Il che sta a dimostrare, ancora una volta, la saggezza di Lao Tse: “Non tutto ciò che è bene, è bene; non tutto ciò che è male, è male”. Bucare il preservativo è male, farne nascere un genio è bene. Siete d’accordo?
Ho imparato a camminare a un mese. A parlare e a scrivere a due mesi, e facevo già delle frasi di senso compiuto. Il primo racconto l’ho scritto a un anno. Il primo manuale di tecnologia a tre anni. Ho preso la laurea in Ingegneria Meccanica a 10 anni, quella in Ingegneria Elettronica a 11 anni, quella in Architettura a 12 anni e quella in Filosofia a 13 anni. Sono Ordinario in tutte e tre le Facoltà.
Il campo in cui brillo maggiormente è quello delle invenzioni. Sono talmente straordinarie e talmente tante che, per senso della misura (“Est modus in rebus” dicevano gli antichi Romani) ne presento qui soltanto un’estrema sintesi, nel numero e nelle spiegazioni.
Ho inventato il ciucciotto autopulente: se si sporca, non occorre che la madre lo lavi perché ha un serbatoio di acqua e amuchina che entra automaticamente in funzione.
Ho inventato il lettino basculante a velocità variabili: quando ero neonato, notai che mia madre mi cullava facendo oscillare il lettino sempre alla stessa velocità, il che magari era rassicurante ma anche molto noioso.
Ho inventato lo spazzolino da denti programmato e semovente: dotato di un minuscolo software, è una specie di acrobata che, senza la guida della mano, si arrampica sopra e sotto, davanti e dietro la chiostra dentaria.
Ho inventato la posata unica coltello-cucchiaio-forchetta: si consegue in tal modo un consistente risparmio, sia nel numero di posate che nel loro lavaggio.
Ho inventato un’auto che usa la pipì come carburante: è necessario soltanto che il guidatore beva molta acqua, così gli basterà orinare in un apposito pitalino collegato al motore, e sarà libero dalla ricerca, talvolta angosciosa, di una pompa di benzina vicina e aperta.
Ho inventato un robottino che emette un verso a metà fra miao e baubau, cioè biao: questo ha il potere di far diventare amici, per sempre, cani e gatti, di qualsiasi razza, taglia ed età. Il detto “Fare come cani e gatti” scomparirà per obsolescenza.
Ho inventato un profumo per sedurre le ragazze. Tutte, disponibili o ritrose, sposate o zitelle, eterosessuali o lesbiche, religiose o atee… tutte insomma, si lasciano andare ed è possibile possederle, perfino in luoghi pubblici. Però, la durata dell’effetto è limitata, fra una e due ore a seconda del soggetto. E quindi bisogna, all’occorrenza, avere lo spray a portata di mano e fare un’altra abbondante spruzzata.
Molto grave, soprattutto in un Paese come il nostro che invecchia, il problema delle donne che non riescono a rimanere incinte. Con i connessi problemi della fecondazione eterologa, sì o no, e le infinite polemiche etiche e politiche che ne seguono. Ebbene ho risolto: ho inventato un additivo, da aggiungere al momento allo sperma, per avere gravidanze sicure. Le boccettine con il mio additivo vanno a ruba, ma io mi prendo solo 100 euro che poi devolvo ai bisognosi. E lo faccio in segreto, in modo che il popolo, comunque criticone, non lo venga a sapere.
Ho inventato un apparecchio, una specie di macchina della verità evoluta a cui è impossibile mentire. L’ho pensata soprattutto per i nostri politici, esperti in piccole e grandi menzogne, in promesse che già sanno di non poter mantenere, in omissioni oculate che sfuggono al povero cittadino impegnato a sopravvivere, in insinuazioni insidiose che sono invece spudorate calunnie. Al mio apparecchio, che funziona a base di vino ad alta gradazione, la verità non sfugge: come dice il proverbio, “In vino veritas”.
Ma. Ma c’è un ma: pure noi geni abbiamo qualche cruccio.
A scuola. Già alle elementari, e poi alle medie, al ginnasio, al liceo, all’università, la mia genialità induceva reazioni estreme. Tutti quelli che hanno avuto a che fare con me, anche i cosiddetti amici, si sono divisi in due gruppi: quelli che mi frequentano e mi adulano sperando chissà quale geniale ricompensa; quelli che si allontanano e mi evitano perché li faccio sfigurare e provare invidia.
Le donne. Vengono con me, anche quelle restie, già fidanzate o sposate. Il mio profumo magico per sedurle è infallibile. Del resto non sono brutto, e a letto me la cavo, anche se non sono un grande amatore. Ma poi, svanita l’azione del profumo (non posso spruzzarlo all’infinito!), se la svignano. Loro preferiscono gli uomini cretini o, al massimo, normali, con cui mettere in pratica la famosa parità dei generi. Purtroppo con un genio non c’è parità possibile. A meno che la donna non sia anche lei un genio. E qui in paese di genî ce n’è uno solo. Io. I miei genitori, i cretini doc, vorrebbero aiutarmi. Ogni tanto se ne escono con frasi del genere: “Leonardo, tu cerca di nascondere che sei un genio, fai la parte di quello normale, e anzi ogni tanto fai qualche fesseria, di’ qualche scemenza… Tutti, uomini e donne, non vogliono uno come te, vogliono uno al loro livello, sennò si mortificano, finiscono per trovarti insopportabile…” A questo punto è meglio se sto zitto: che gli dico a fare che io sono quel che sono, e non mi va di fingere?
Poi ho il problema che molti, diffidenti o invidiosi, sostengono di non credere a tutto quello che ho inventato e so fare. E, di bocca in bocca, nel paesino procede il tamtam micidiale: anche quelli disposti all’inizio a darmi un minimo credito, si convertono in critici impietosi. Allora mi è toccato mettere di nuovo in funzione il mio geniale cervello: dopo aver soppesato varie alternative, ho pensato di inventare uno spray che ubriacasse le menti e le costringesse a credermi, perfino se mi saltava in mente di buttare là una fesseria. Ma, stranamente, ho fatto flop.
In paese intanto si sono ormai coalizzati contro di me. Mi perseguitano quotidianamente, con sfottò, grida, calunnie, spintoni, sgambetti, lancio di pietruzze (“Ehi genio, da quale lampada sei uscito? Da quella di Aladino?” ”E faccele vedere tutte queste invenzioni, su, che siamo curiosi” “Se sei un genio, facci diventare genî anche a noi” “Sul cervello ci hai fatto un’assicurazione, nel caso si guasti? Ma quello è già guasto!” “Sei un genio e quindi ci guardi dall’alto, ma noi che ti guardiamo dal basso vediamo che le palle non ce l’hai!” “Ad Halloween, dopo che hai dato i dolcetti, cosa gli hai fatto alle bambine, eh sporcaccione?” “Anche fosse vero che sei un genio, resta il fatto che a noi sembri soltanto un poveraccio isolato e asociale”).

Ho dovuto rifugiarmi in casa. Loro credono di avermi sconfitto. Ma non sanno che la solitudine aguzza l’ingegno, soprattutto quello del genio. Ogni tanto mi affaccio alla finestra e mi faccio vedere stanco, demotivato, abbattuto, addirittura depresso. Mando perfino, di tanto in tanto, qualche gemito e qualche singhiozzo. Loro pensano di avermi proprio annientato, di essersi liberati finalmente di quel presuntuoso bugiardo che si vuole far passare per un genio. E non sanno niente dell’ultima invenzione che sto mettendo a punto. Una super bomba per farli fuori tutti. Allora sì che sarò veramente solo.