di Claudio Cajati
Entra nel
bar Chiarugi un tipetto maturo, spettinato, trafelato, di gran corsa. Sembra
debba inciampare da un momento all’altro. Tutti si girano, curiosi e un poco
irritati. La cameriera al bancone, Anna, si dà un contegno e fa la domanda di
rito: “Cosa desidera, signore?” Lui, Matteo Merola, praticante giornalista al
quotidiano “Il Tirreno”, sbatte malamente il muso contro il bancone e,
toccandosi le labbra, sussurra: “Non ancora… prima devo darvi la notizia…”
“Quale notizia? Or ora abbiamo sentito il
telegiornale… cos’altro è successo mai?” grida un signore panciuto in panciotto
elegante - deve essere un commerciante all’ingrosso - mentre posa la tazza del
caffè.
Matteo
Merola cerca di scandire bene le parole ma la voce gli trema dall’emozione: “E’
morto Gioacchino Del Monte…”
Un tipo
dall’aria menefreghista trangugia l’ultimo sorso del cappuccino e interrompe:
“E chi è questo Giovannino che viene dal monte?”
“No. Gioacchino
Del Monte” corregge piccato il Merola “il famoso industriale delle scarpe,
quello che le vendeva in tutto il mondo, ai benestanti però…”
“E come è
morto?” chiede con tono addolorato un vecchietto che dall’aspetto misero deve
essere uno che tira avanti a stento “Io ne avevo sentito parlare, mi pare non
avesse ancora sessant’anni…”
“E sì” fa
il Merola “aveva cinquantotto anni… ma il fatto è che sembra si sia suicidato,
sparandosi alla testa.”
Ed ecco
che scatta, posando il suo cornetto al cioccolato, Norberto Renzi, un signore
barbuto con l’aria del barone universitario. Dice con fare professorale al
Merola: “Ma lei mi sa dire dove è stata rinvenuta la pistola? Questo è un dato
fondamentale, è d’accordo?”
“Sì che
sono d’accordo” sibila intimidito il Merola “La pistola era nella mano destra.
Tutto qui.”
“Tutto
qui un bel niente, mio caro Merola” corregge il Renzi “si dà il caso che io ero
amico del Cavaliere del Lavoro Gioacchino Del Monte. E posso assicurarle, senza
ombra di dubbio, che lui era mancino. Le pare plausibile che un mancino si
spari con la pistola nella mano destra?”
“No, ma
dove vuole andare a parare?” domanda intimidito il Merola.
Al che
interviene Umberto Taormina, un vecchietto dagli occhi a fessura, che potrebbe
essere un avvocaticchio: “Eh, è ovvio dove si va a parare, necessariamente: non
si tratta di suicidio, ma di omicidio!”
Una
ragazza elegante protesta, con voce lamentosa, contro l’amaro destino mostrando
a tutti le sue scarpe: “Queste sono scarpe fatte da lui, scarpe Del Monte. Mi
sono costate una cifra, ma vedete che meraviglia? Come si può uccidere un genio
come lui?”
Giovannino
Mostarda, giovane spudoratamente cinico, subito suggerisce: “È chiaro, un
artigiano così, bravissimo e ricchissimo, suscita invidia. E gli invidiosi
talvolta diventano assassini. Elementare.”
Il bar
sembra diventato il salotto di un talk show. Nessuno bada più alla bibita o al
pezzo dolce che stava consumando.
Adesso
spunta Maria Incoronato, che ha l’aria di casalinga cattolica e zitella
pettegola. Lei insinua: “Ma quale invidia! Io so come viveva il Del Monte
quando non faceva le scarpe…” fa una pausa a effetto, e riprende con un
sorrisetto torbido: “Io li vedo i documentari in tv, tutti. E in uno hanno
fatto capire, senza dirlo apertamente, ma si capiva lo stesso, che lui era un inguaribile
donnaiolo. Si vede che ha pestato i piedi a qualche marito o fidanzato.”
Il Merola
è proprio irritato: si sente scavalcato, mentre il giornalista fino a prova
contraria è lui e ne deve pur sapere più degli altri: “Signori, state a
sentirmi un momento. Dalla mia indagine risulta tutt’altro: Gioacchino Del
Monte era gay. Tutte quelle donne di cui si circondava erano solamente una
copertura, per non perdere gli acquirenti benpensanti. Tanto è vero che era
gay, che creava dei modelli di scarpe, ad personam, per i suoi amichetti…”
“E allora
ci dica, caro signor Merola” fa una signora con le sopracciglia alzate, il tipo
della bastian contraria “Come sarebbe fatta una scarpa per quei pervertiti?”
“Egregia
signora” ribatte il Merola “io le ho viste quelle scarpe: sono pubblicate sul
sito di Gioacchino Del Monte. Ebbene, sono graziose, ricche di decorazioni,
frange, colori pastello… insomma si vede subito che non sono virili.”
Intanto è
entrato nel bar un nuovo avventore. Un giovanotto vestito casual, ma casual
raffinato, con l’aria del presuntuoso che tutto pretende di sapere. Si rivolge
a Matteo Merola e a Maria Incoronato, e sputa la sua sentenza: “Vedete signori,
ognuno di voi dice solo metà della verità: uno sostiene che Del Monte era gay,
l’altra che era un donnaiolo. Ebbene, potete credermi, io ho amici nel mondo
dello spettacolo, dove si sa tutto: così ho saputo di una signora piacente, di
cui ovviamente non farò il nome, che è andata a letto con il Del Monte, ma
anche di un giovanotto palestrato che ha fatto la stessa cosa… E allora?
Semplice: il nostro eroe non era né gay né donnaiolo. Era bisessuale. Gli
piacevano sia le donne che gli uomini. In una stessa giornata, pensate un po’,
era capace di andare a letto sia con un uomo che con una donna. In sequenza, o
allo stesso momento. A tutti, a tutte, regalava le scarpe più belle che aveva
disegnato.”
“Scusate”
chiede la ragazza elegante “ma questo dove lo trovava il tempo per disegnare le
scarpe, se teneva questa attività sessuale così intensa, così frenetica, e pure
stancante… dove trovava allora il tempo, la forza, la concentrazione?”
“Vede,
giovanotto” interloquisce ormai irritato Matteo Merola “a me, che sono un
giornalista, e so come ci si documenta – certamente non con il gossip - risulta
senza ombra di dubbio che il Del Monte era gay. Ed era moderato nella sua
attività sessuale. Altrimenti, come ha osservato giustamente la ragazza qui,
come avrebbe avuto il tempo, la forza e la concentrazione per creare quelle
scarpe favolose che l’hanno reso famoso e ricco?”
Il
giovanotto presuntuoso non si scompone, e contrattacca: “Ma caro il mio giornalista,
signor Merola se non sbaglio, lei certamente è un uomo che conosce il mondo, e
sa che noi maschi non siamo tutti eguali. Non siamo eguali, fra l’altro,
nell’ambito sessuale. Ci sono i maschi poco virili, poco resistenti – magari
lei appartiene a questa categoria – e ci sono uomini veramente virili, capaci
di avere più amplessi al giorno, e rimanere lucidi, capaci di dedicarsi al loro
lavoro, magari dormendo poche ore. Le risulta, vero? Ebbene il Del Monte, come
ho appreso, ripeto, da amici affidabili del mondo dello spettacolo, era un vero
stallone, un individuo instancabile, con il corpo e con la mente. Un individuo
eccezionale, e perciò lo piangiamo amaramente.”
“Ma
giovinotto bello” interviene la signora bastian contraria “voi dite solo
fesserie. L’avete vista almeno una foto di Gioacchino Del Monte? Mi sa che non
ne avete mai vista una: quello era piccolo, gracile, storto, una faccia patita
che mi meraviglio non sia morto anche prima. E forse, sapete che vi dico?, era
talmente cagionevole di salute che negli ultimi anni le scarpe non le disegnava
più lui, ma qualche suo brillante allievo. Lui se ne stava a letto, e non per
fare sesso. Lo strumento di sicuro non gli funzionava più. Ecco, l’ho detto!”
Intanto
il giornalista Merola s’è fatto paonazzo, sprizza rabbia da tutti i pori.
All’improvviso sbotta: “Signora, ora devo assolutamente parlare io. Devo
rispondere a questo giovanotto… Lei, non so chi sia e cosa faccia nella vita,
ma sicuramente lei è uno screanzato e un calunniatore: come si è permesso di insinuare
che io apparterrei alla categoria degli uomini poco virili? La gente non lo sa
– è cosa che non vado sbandierando – ma io in gioventù sono stato un gigolò, un
apprezzatissimo gigolò. Le signore che mi incontravano, restavano sempre
soddisfatte, molto soddisfatte. Piuttosto, mi sa che lei sia un tipo impotente
e invidioso. E cerchi di coprire a parole la sua vergogna. Ancora così giovane,
e già così inguaiato. Insomma non le resta che farsi le seghe, vero?! O
pigliarselo in c…”
A questo
punto, il parapiglia. Il giovanotto casual si scaglia furioso addosso al
Merola. Un giovane nel fiore degli anni contro un uomo maturo, non palestrato.
Come in un riflesso condizionato, tutti si buttano, da incoscienti, nella
mischia. Per dividere i due, per difendere Merola già soccombente. È una
mischia disordinata, convulsa, senza regole, con colpi bassi e maligni (dei
rugbisti ne resterebbero inorriditi).
Ora sono
finiti tutti a terra. Chi malconcio. Chi imprecando contro il Del Monte. Chi
condannando la litigiosità degli italiani. Chi giurando che non verrà più in
questo bar. Chi insistendo con la propria tesi. Chi verificando i danni ai suoi
vestiti. Chi affrettandosi a pagare per scappare via.
Anna, la
barista, è disperata? Non proprio: è stata istruita per incassare e reagire. Trovare
sempre, a tutti i costi, una soluzione adeguata. Si schiarisce la voce e chiede
con voce energica e allettante: “I signori gradiscono una camomilla?”.