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ebook di ArchigraficA

mercoledì 26 giugno 2013

"Ma lo sa che lei è stupido? S'informi, s'informi"


"Ma lo sa che Lei è stupido? S'informi, s'informi"




"Da grande sostenitrice di questa tecnologia, sono tendenzialmente d'accordo con il suo articolo, professore. Trovo le ragioni di chi vi si oppone spesso banali.
Per il costo, Lei ha fatto il paragone con il Kindle ma esistono dispositivi che costano anche meno, 50€ ad esempio, che potrebbero benissimo corrispondere al prezzo di cinque libri. La maggior parte delle persone, poi, risponde che la lettura non è solo un'esperienza limitata alle parole ma anche sensoriale: sentono il bisogno di toccare le pagine di carta, di avvertirne l'odore. Questo almeno è stato il punto principale di molte discussioni che ho avuto sull'argomento (con le stesse persone che poi si lamentano di chi non ha una 'coscienza ecologica'). A mio parere si è troppo attaccati ad un'idea romantica dell'atto stesso di leggere, quando razionalmente il Kindle offre talmente tanti benefici da far sembrare questa argomentazione ridicola. Che poi vogliamo parlare della bellezza del design di questi oggetti? Leggerissimi e comodissimi, ti svincolano dal peso di un mattone di milleduecento pagine, e solo per questo andrebbero amati alla follia.
Insomma, per me rappresentano il futuro e un salto in avanti per la società. 
Quello sul quale nutro ancora dei dubbi, è il concetto di aprire la possibilità a Tutti di pubblicare quel loro racconto segreto. Internet è pieno di siti e forum di scrittori amatoriali dove pubblicare gratuitamente (e di leggere gratuitamente). Frequentando molti di questi siti, ti accorgi subito di due cose fondamenti: una è il problema di trovare qualcosa di decente, tra millemila account di 'scrittori', spesso quindicenni arroganti; il secondo - peggiore - è la quantità imbarazzante di storie scritte senza conoscere l'uso delle regole più basilari della grammatica, della punteggiatura e delle regole della scrittura (struttura, trama, caratterizzazione dei personaggi risultano quasi sempre assenti). Ho trovato anche autori di una certa valenza, piacevoli da leggere, ma sinceramente non so se comprerei un loro racconto. Sento piuttosto di apprezzarli per quei momenti di pausa che mi concedo leggendo quelle loro storie senza pretese, lasciando che nella mia testa restino separati da quegli altri momenti in cui apro un libro pubblicato da una casa editrice. Proprio in questi giorni, Amazon ha cerato una nuova sessione per il Kindle (Kindle Worlds, mi pare si chiami) dove apriranno il mercato degli e-book anche alle 'fanfinction', storie scritte perlopiù da adolescenti sulle loro serie preferite.
Certo, mi è capitato di trovare una o due persone capaci di distinguersi e che supporterei se dovessero lanciarsi a pubblicare un loro romanzo a pagamento. Ma veramente due in quattro, cinque anni. 
Ora, mi chiedo, l'idea di permettere a tutto il mondo di vendere il proprio libro, non creerà un mercato vastissimo nel quale il lettore finirà per perdersi? Come trovare un autore degno in questo caos? Il passaparola, per quanto efficace, basterà?
Inoltre, le casi editrici, spogliate del lato più commerciale, non hanno il compito prima di tutto di aiutare un autore a completare la propria opera (il curatore editoriale, di bozze)? Discutendone i temi, i passaggi, la forma, in un iter che dovrebbe far crescere la figura stessa dello scrittore... Mi viene in mente la figura di Maxwell Perkins (scoperta da pochi giorni, ammetto) e il suo rapporto con Fitzgerald ma anche e soprattutto Wolfe.
Lasciare tutta questa folla di aspiranti scrittori a piede libero, non ci darà più Sfumature di grigio e meno Gatsby?
Non saprei, su questo ho ancora molte perplessità, ma mi piacerebbe sapere meglio Lei cosa ne pensa a riguardo, perché trovo che nell'articolo sia un punto trattato più sommariamente.

Marcella Bruno"




Informiamoci

di Giacomo Ricci

Inutile dire che trovo centrato quanto scrive Marcella Bruno in un post lasciato su Facebook che ho riportato qui sopra. Anche l’osservazione che un’editoria “democratica” per tutti, dall’adolescente arrogante amante della “fantascienza” alla casalinga che scrive ricette, è una iattura, un cataclisma, un’invasione di idiozie che sommerge quanto di buono (poco per la verità) c’è nell’editoria italiana contemporanea.
Sì, ammetto di aver girato attorno a questo buco nero dello scrivere contemporaneo, a questo fenomeno “culturale” tardo capitalistico nel quale siamo sommersi, scansandolo, come si dice.
Non so che pensare. Perché da un lato sono atterrito dalla piega che sta prendendo il fenomeno e dall’altro sono avvinghiato da una sorta di cupio dissolvi nella quale penso: “Ma sì, che tutto se ne vada a farsi fottere e chi s’è visto s’è visto”,
E lo sforzo di reggere tanta stupidità mi avvolge gettandomi nella più cupa disperazione.
Allora, mi dico, per capirci qualcosa dovremmo andare alla radice del problema e chiederci:
“Ma, cacchio (un cacchio leggero, non volgare, alla Totò, messo lì per sdrammatizzare), perché tutti, ma proprio tutti oggi vogliono scrivere?”
E già perché il problema è tutto lì.
Insomma non ci troviamo solo di fronte a frotte di adolescenti ipnotizzati da videogames cinici e violenti, da serie TV di “fantascienza-horror” che non se ne può più,  o da un’eterna atmosfera splatter propria delle cantine luride di macelleria di quartiere sub-sub-popolare,  interamente mutuata dal famigerato Saw – l’enigmista
E per inciso, proprio per farsi un'idea della "qualità" del prodotto dico che si tratta di un film costruito scritto e diretto da James Wan in appena 18 giorni! 
E, devo dire, che si vede, per la sciattezza e l’orrore (stilistico, estetico) strascinato, alla lettera,  sotto i piedi. Questo sì prodotto di cassetta per spettatori adolescenti in preda a turbe del basso ventre, localizzate tra retto e uretra, mescolate a una visione del sesso e della paura a metà strada tra depravazione e cretinaggine.
Credo di ricordare che l'anima albergava zone più alte del nostro organismo, raccogliendosi nel basso ventre piuttosto i rifiuti maleodoranti del corpo. 
Ma i “prodotti letterari” adolescenziali del filone fanta-horror-sado-maso sono ben individuabili e, direi, in qualche maniera innocui. I loro padri, purtroppo bisogna dire non privi di una qualche genialità, che sembra totalmente difettare ai loro epigoni-discendenti, sono, manco a dirlo, Stephen King e Phil Dick.
Ma di poesia nel lavoro di costoro, bisogna dirlo a gran voce, nulla. Quella che invece c'era a bizzeffe nel loro padre spirituale Edgar Poe. Di tutt'altra pasta, altra sostanza e sofferenza reale, come ben intuì il buon Baudelaire. 
Storie complesse, quelle di questi due autori nostri contemporanei, che, per molti versi ammiro e trovo, come ho detto, in qualche modo geniali. 
Un’analisi completa del loro significato nella società contemporanea (in particolare quella made in USA e soprattutto nei suburbi degradati e lontani da ogni forma di civiltà e meno che mai cultura) esula dagli scopi di questa nota e ci porterebbe troppo lontano. 
Mi limito a dire che per comprendere a fondo  la fortuna  editoriale di autori come questi sarebbe necessario comprendere orizzonti, frustrazioni, confini, paranoie e destini della gran parte della popolazione televisiva degli ultimi cinquant’anni, le titillazioni che subisce da parte del mercato che vende prodotti e li impone, l’orizzonte di senso (si fa per dire) nel quale vengono sbattuti fin dalla più tenera età dalle multinazionali preoccupate soprattutto a forgiare un soggetto di consumatore obbediente, disponibile, aperto e soprattutto totalmente acritico.  
No, il danno del self-made-writers nati su web e dintorni sarebbe minimo.
“Lasciali crescere” mi verrebbe da dire. Chi è bravo si farà, gli altri a fare i ragionieri, gli sfasolati o i commessi di banca. 
E pace.
Il fatto, invece,  è che tutti, ma proprio tutti scrivono. E non da quando imperversa il digitale. DA molto prima. 
Fa parte della strategia delle major editoriali. L'uomo della strada che ambisce al suo momento di celebrità e, dal mestiere nel quale si è in qualche modo distinto agli occhi del grande pubblico, trasmigra, per il tempo di una pubblicazione, al mondo della scrittura e della grande vetrina editoriale. Così uomini di banca e di potere, politici, soubrette, mignotte famose, grandi e sfaccimmi faccendieri, delinquenti pentiti e altro di colpo diventano scrittori.
Un esempio per tutti che, a parere mio, ha veramente del paradossale?
Edinson Cavani che, tra un calcio e un altro, ha trovato il tempo di scrivere un suo “libro”, una sua autobiografia.  Quello che ho nel cuore, si intitola e glielo ha pubblicato, manco a dirlo, la Mondadori.
“Oh cacchio, perdincibacco”, direbbe Totò, “Cavani scrive la sua autobiografia. E dove siamo arrivati?”.
A scriverla, ovviamente non è stato lui ma si tratta di operazione editoriale organizzata dalla Mondadori, con ghostwriter scelti apposta  per l’occasione. Operazione fatta con tutte le “cazzimme” necessarie allo scopo, diretta verso (stavo dicendo “contro”) un pubblico di bocca buona, pronto a bersi la spiritualità, l’amore per Gesucristo, un non meglio definito legame tra la furia di fare gol e l’Ispirazione del Signore e così via.  
Aspetto questo nel quale c’entra anche la particolare posa “ascetica” (si fa ovviamente per dire) che caratterizza il nostro buon Matador quando entra in campo con entrambe le mani alzate a metà e gli indici tesi a indicare il cielo, atteggiamento che mi fa pensare ai fujenti della Madonna dell’Arco, ai veneratori di marunnelle di plastica che lacrimano sangue o comunque non ben identificati liquidi rossastri, sostenitori degli Ufo, marzianofili, posseduti non-si-sa-da-chi  e stupidaggini popolari discorrendo.
Per carità, ognuno può fare tutte le operazioni commerciali che vuole, ci mancherebbe. Come ognuno è libero di credere a quello che vuole, dalla Madonna che appare (o come dice De Crescenzo in uno dei suoi geniali pezzi, il contrario, apparire alla Madonna), agli UFO, agli spiriti, gli gnomi, o munaciello e la Bella 'Mbriana. Ognuno creda pure alle sue stupidità. 
Ma, come dire, tra questo assieme di operazioni di “mercato” e la cultura ce ne passa. O no? Questo lo comprendiamo?
Sto pensando ai libri di Nietzsche (Aurora e La gaia scienza) che videro, nella loro prima edizione, solo un paio di copie vendute in tutta Vienna.
Tiro fuori quest’esempio limite,  e nemmeno tanto,  per dire che il ragionamento di Marcella Bruno, se corretto è però in qualche modo da mettere meglio a fuoco.
Nel senso che le operazioni commerciali messe in piedi dalle case editrici sono tante e tante che prendersela con gli scrittori adolescenti che accocchiano errori su errori e pubblicano in proprio, gratis sul web fa sorridere.  Al più fanno tenerezza.
Sono aperte, dichiarate, ingenue.
Non sono queste pubblicazioni che mettono in forse l’equilibrio, già fragile, della cultura e della letteratura contemporanee.
L’esempio di Nietzsche l’ho fatto apposta. Ma ne potrei citare a iosa, a bizzeffe. Vi immaginate quante copie si siano vendute del Tractatus logico-philosophicus di Ludwig Wittgenstein? 
Lo avevo sottobraccio a piazza Amedeo, tanti anni fa. Incontrai un tizio che mi venne presentato da un amico. La combinazione! Era il traduttore in italiano del Tractatus.
"Oddio", mi disse. "Non mi dica che se lo sta leggendo. Sa, io l'ho tradotto, ed è una palla!".
"E ho detto tutto" come dice Peppino a Totò chiudendo qualsiasi possibilità di dialogo. 
E allora, vengo al dunque.
Io credo che il campo della letteratura e degli scrittori bravi e del loro pubblico di lettori attenti e colti, sia stato e sia sempre molto, ma molto limitato. In termini percentuali forse l’1, il 2% di tutto il pubblicato.  Esagero? Va bene. Allora il 5%, ma non di più.
Il resto è più o meno roba amorfa, paccottiglia, spazzatura nel senso più stretto del termine, roba destinata al macero e ai cassonetti di raccolta per la carta da riciclare. Roba che non cambierà il corso della storia, i gusti letterari né, meno che mai, le sorti della cultura e del pensiero della civiltà cui, per il momento, ancora apparteniamo.
Vi fate il conto di tutte le riviste periodiche che contengono per il 90% solo pubblicità e, per il resto, tolto l'indice, quattro stroppole di editoriale, uno o due articoli illeggibili, abboffati di megafotografie e di tette e culie la solita indossatrice che guarda il mare sotto la palma di turno?
Che fine fanno? 
Spazzatura,  munnezza, paccotti da macero. 
E vengo al nodo di tutto questo. Se, per legge, tutto questo materiale in sovrabbondanza numerica ma assolutamente vuoto sotto il profilo della portata culturale venisse rigorosamente costretto nelle maglie del digitale? Niente carta, divieto totale.
Basta con la carta. Che invece destineremmo al disegno, all'opera d'arte, all'acquerello, alla scrittura a mano con penna stilografica, da amanuense in un ritornato bisogno di miniature e grafia da puro medioevo.
Assatece perdere o' tiempo comme ce pare. O no? 
Quanta carta si risparmierebbe, quanti prodotti nocivi non verrebbero immessi nell’ambiente (ricordo, per inciso, che tutte le riviste a colori vengono stampate su carta fortemente inquinante, che non si può bruciare perché rilascia diossina e altre schifezze), quanti alberi salvati, quanta benzina e gasolio in meno, quanti metri cubi di magazzino non servirebbero più? 
E non fatemi più la palla dei posti di lavoro che si perdono. 
Le maestranze, gli impiegati imparassero a fare gli ebook, a ricercare ereader migliori a colori ecc. Parliamo tanto di mobilità e poi?
Quanti di voi sanno che cos’è il linguaggio XML, quali i software per produrlo o convertire formati, che differenza c’è tra un pdf e un epub? Quale è più conveniente per la stampa e quale per un uso strettamente digitale?
Ad esempio sapete convertire un epub in un mobi. Sapete che c'è chi sa sproteggere da social DRM e recuperare il testo originario?
E quanti esperti di queste cose ci sono in una casa editrice?
E quanti nelle nostre università e nei nostri servizi di biblioteca? E come funziona un OCR?
Ho parlato troppo difficile? Non avete capito? Brutto segno. Significa che siete fuori da quello che accade e che riguarderà  il mondo della lettura e delle pubblicazioni da qui a poco. 
Per ora, viste le pressioni di chi ha interesse in campo (e potrebbe mai darsi qualcosa di diverso in Italia?) la pensata dell'ex-ministro Profumo sull'obbligo delle pubblicazioni scolastiche digitali (che mi sembra una delle cose più intelligenti proposta negli ultimi vent'anni dai nostri politici) non avrà seguito. Tutto rimandato con scuse risibili e interessi molto tangibili ed evidenti. 
Ai tempi di Gutenberg si parlava di torchi, torchi a stella, caratteri mobili, composizione e più avanti, dall'avvento della fotografia,  di cliché, menabò ecc. Oggi i termini sono mutati. Sono quelli che ho prima elencato.
Prima di rifiutare aggiorniamoci, comprendiamo, analizziamo, studiamo. Non fa male. Anzi. 
Quanto ai nostalgici del libro di carta, fatto di "profumo" (?), "tatto" (??), "piacere di sfogliare le pagine" (???), copertine, sovracopertine, dedica a mano, non posso che concludere alla  Totò:
“O cacchio, ma i signori sono stupidi? S’informino, s’informino…”.

martedì 25 giugno 2013

Perchè amo gli ebook 2


di Giacomo Ricci



Avevo infilato il commento che segue come risposta alle osservazioni di due studenti.
Ma è troppo lungo per entrare in un commento. Il blog me lo ha rifiutato. Lo metto, allora sotto forma di post.
Ed è forse meglio perchè riporto anche i due commenti così la discussione fila più fluida.
Allora questi sono i commenti al mio primo articolo Perché amo gli ebook di Raffaella e Cristian:

Raffaella:
Professore,
 con la premessa che, a mio parere, in questo caso la questione e-book sollevata dagli studenti riguardi noi e il mondo universitario piuttosto che editori, scrittori, Economia, librerie ...
 Poter usufruire della forma cartacea di un libro è conveniente per svariati motivi fra i quali:
- non tutti possono permettersi un cellulare ultimo modello. Parte dei miei amici, per quanto forse le possa sembrare strano, possiede un cellulare "vecchio stampo", non per piacere ma per necessità, e non trovo giusto che per tale motivo uno studente debba cercare per altre vie di reperire una stampa o, ancora più grave, rinunciare ad una lettura 
- nonostante l'e-book sia il futuro, c'è chi ancora trova più comoda la lettura sul foglio di carta, e più piacevole sfogliare un libro piuttosto che uno schermo. 

Infine, in ambito universitario, ritengo che assicurare l'alternativa cartacea (oltre alla modalità ebook) faciliti in ogni caso il nostro dovere di studente.
 
Cordiali saluti


Cristian
Tutto quello che lei dice è assolutamente condivisibile, il progresso tecnologico è inevitabile. Ma lei probabilmente si dimentica dei molti studenti che non possiedono telefoni di ultima generazione e che quindi non possono usufruire degli ebook. Sicuramente lei avrà una grande biblioteca a casa sua dove ha racchiuso libri trovati qua e la per l'Italia o per il mondo. Sarebbe felice se un giorno sparissero per essere racchiusi in un aggeggio tascabile? Da lettore quale sono non ne sarei affatto felice. E' pur vero che per scrittori emergenti l'ebook potrebbe essere un trampolino di lancio, ma è anche vero ormai che chiunque si improvvisa scrittore e che la letteratura moderna è infarcita di finti autori e quindi l'esistenza delle case editrici ha un suo scopo. Quello di dare spazio a chi realmente merita. Concludo dicendo che a mio avviso il cartaceo sarà sempre il miglior modo di comunicare e spero che non andrà mai a scemare





E questa è la mia risposta.

 Allora, rispondo prima a Raffaella.  
Credo che la lettura su un smartphone sia quanto peggio io possa augurare. Uno smartphne è piccolo, stanca gli occhi perchè ha uno schermo LCD. Diverso è un ebook reader basato sulla tecnologia e-ink che assicura, come ho già scritto, una lettura migliore che la pagina stampata. Provare per credere. 
Uno smartphone costa l'iradidio (dai 700 ai 300 euro), un ebook 79 euro. Un libro di testo universitario mediamente tra i 30 e i 50. Due testi e via. Lo avete pagato. 
Ma uno può dire che i 79 euro non li vuole spendere. Giustissimo. Ma allora c'è la soluzione e molto meglio dello smartphone.
Si scarica da Amazon l'applicazione gratuita Kindle (che si applica su tutti i dispositivi in qualsiasi sistema operativo, Windows, iOS Apple, Android) la si installa, ci si iscrive al sito di Amazon e si scarica il file di La luce nel labirinto. Tutto fila liscio. 
Io leggo benissimo su PC visto che ci scrivo. E dunque ci lavoro intensivamente. Quella che gli occhi si stancano nel leggere su PC è un luogo comune che bisogna sfatare una volta per tutte. State giornate intere al PC a fare che? A guardare immagini. Ma quando seguite chat e social network? Non leggete caratteri minuscoli per ore?
Dunque nessuno smartphone. Non l'ho mai sostenuto. Basta un PC qualunque. 
Ma poi un lettore e-reader ce  lo si ripaga anche  se si è abituati a leggere e, dunque a comprare libri che costano un quinto di quello che costano in versione cartacea (senza tener conto delle offerte giornaliere e senza tener conto che la parte più interessante della letteratura disponibile è gratis o costa 0,89 euro). 
Insomma un e-reader lo si ammortizza in breve tempo, bastano cinque  romanzi acquistati e si rientra nel budget. Io cinque libri li acquisto al mese. E' il mio ritmo di lettura. Da sempre.
Consiglierei un ritmo simile a tutti. Per salute mentale e spirituale. 
Leggere di meno fa male, malissimo. 
Sulla falsa comodità della carta ho già detto: in un e-reader la scalabilità dei caratteri, la personalizzazione dell'interlinea assicurano un'infinita possibilità di accomodamenti.
In tutto questo non ho mai nominato uno smartphone che, personalmente, detesto. La scena più diffusa per strada, in autobus, metrò, in facoltà, è quella di persone che smanettano e hanno gli occhi piantati su uno smartphone. 


A Cristian. 
Ho una grande biblioteca a casa. Il mio studio è tappezzato di libri. Credo di superare abbondantemente i seimila-settemila volumi. Per non parlare degli altri dei miei figli e di mia moglie che stanno altrove, in altre stanze di casa nostra. 
Non lo so, ho perso il conto. 
Zeppi di polvere, pesantissimi da trasferire, difficilissimi da tenere in ordine. 
Impossibile, poi,  ricercare una frase, un periodo, un ricordo a meno che non lo abbia ricopiato in un quaderno. 
Hai idea che significa avere in un file (come fa un Kindle) raccolte tutte le tue sottolineature e i commenti, inserire chiavi di ricerca, mettere a fuoco quello che ti serve in un attimo? 
Io, per mestiere, sono un saggista. Da una vita.
Ho bisogno di avere sotto mano tutto il materiale che mi serve. Da quando ci sono i computer il  mio lavoro è enormemente facilitato. Anzi: è completamente diverso. E' un'altra musica. E quello che non trovo nella mia biblioteca lo trovo nella biblioteca universale degli uomini, in rete. Senza parlare, poi, del fatto che la maggior parte dei testi che mi sono serviti per dare sostanza storica ai miei libri (La luce nel labirinto, per es.) derivano dalla lettura di manoscritti praticamente introvabili come la Magia Naturalis di Giovambattista Della Porta, o la Scientia Naturalis di Ferrante Imperato, per non parlare delle Notizie del  Celano e Il forastiero del  Capaccio. 
Li ho trovati subito in rete con il servizio di Google Books. Gratuiti, a disposizione di tutti. 
Tutto il lavoro di ricerca su Masaniello per la scrittura di Lazzari è stato da me eseguito in questo modo. 
Il testo di Donzelli Partenope liberata dove mai avrei potuto trovarlo? In quale biblioteca?
Molti autori li ho trovati in siti dedicati che raccolgono i classici della letteratura e della produzione del pensiero dell'umanità come, ad es., Liber & Liber, che gioca sull'ambiguità della parola compresa tra "libro" e "libero". Libero, per l'appunto.  Come dovrebbe essere la cultura. O come la Biblioteca Italiana curata dall'Università La Sapienza di Roma.
Certo, mi potrai dire delle Biblioteche che prestano i libri. Le grandi Biblioteche, come quella Nazionale di Napoli e le piccole, commoventi biblioteche comunali o di una microscopica scuoletta di campagna. 
Commovente. Ma del tutto inattuale. 
A parte Gavino Ledda, pastorello sardo che poi si è laureato in filologia e ha scritto il famosissimo Padre padrone, non ho la sensazione che siano frequentatissime come, ad es., Wikipedia o il succitato Liber & Liber, per l'appunto. Dove credi che io abbia potuto trovare La Lucilla costante (il manoscritto originale, con le parti di Capitan Matamoros in spagnolo) di Silvio Fiorillo e leggerlo in originale se non su un sito dedicato alla raccolta di tutti i copioni teatrali italiani? Tutti i copioni teatrali, pensa tu! E dove ho raccolto le notizie sulla sua vita se non nell'archivio on line della città di Mantova (Mantova capitale dello spettacolo) dove sono catalogate tutte le lettere che l'attore napoletano scambiò con il Duca Vincenzo I Gonzaga, lamentando pagamenti sospesi, trovando scuse per rimandare la sua salita a Mantova, chiedendo lavoro per i figli e la moglie? Da qui ho potuto ricostruire la sua storia, i suoi spostamenti, il suo andare avanti e indietro.
Per non parlare degli archivi straordinari che esistono su John Ruskin, e il lavoro eccezionale fatto dall'Università di Adelaide in Australia che mette a disposizione tutti, dico tutti, i capolavori dell'umanità illustrati. Qui, ad es., trovi tutti i lavori illustrati da Dorè, il Don Chisciotte, il Paradiso Perduto, La Bibbia, oltre alla celeberrima  Commedia di Dante, ecc.
Ti sto dicendo che la parte più importante della mia ricerca non si sarebbe potuta svolgere se non ci fossero stati i computer, gli ebook gratuiti a disposizione sul web.  
Ma vuoi mettere la circostanza di non poco conto di averli in pochi secondi sul tuo computer in forma di testo e poterne disporre subito? Immagini se non ci fossero le case editrici che mettono paletti e impediscono la libera diffusione della cultura per il semplice fatto che devono trarre guadagno dalla truffa sui diritti d'autore? Hai mai scritto un libro, e pubblicatolo con una "casa editrice" cedergli i diritti e non essere più libero di distribuirlo a chi vuoi?
E a proposito di case editrici e di "falsi autori". Il mondo è sempre stato zeppo di falsi autori. E' una piaga. Di sedicenti romanzieri e poeti. 
Ci sono case editrici che esistono proprio e solo per questo, editoria a pagamento. Non ne hai mai sentito parlare? 
Gli innumerevoli poeti da strapazzo che hanno invaso la produzione cartacea per decenni? La cosiddetta letteratura da macero e d'occasione? Mai sentito parlare di case editrici come l'Albatros?
Ma anche le cosiddette case editrici "serie" non disdegnano di pubblicare dietro pagamento, anche salato. 
E la cultura, la qualità allora? La stabilisce la casa editrice o il lettore colto?
La qualità, semplicemente, la stabilisce il lettore. Dopo un libro truffa, bolla il falso autore, la voce si sparge ed evviva, se ne va a farsi fottere. Nessuno lo legge più. Carta o non carta, ebook o non ebook.
Gi editori, poi, in questi ultimi anni stanno appiattendo stili e forme della comunicazione letteraria per uniformarsi ai gusti dei "lettori". E' fiorita così una "letteratura" il cui stile è gestito direttamente dagli editor per assicurare prodotti di mercato vendibili, con il susseguente scadimento del livello medio di prodotto e la distruzione di qualsiasi forma di sperimentalismo. 
Quante possibilità avrebbe avuto Joyce di imporsi come autore oggi in Italia? Quanti editor avrebbero sancito la sua "non-fruibilità" da parte del grande pubblico? Joyce sarebbe stato da macero, da cestinare subito.
Infine, se uno studente è tanto povero per necessità perchè ha "solo" un telefonino di vecchia generazione (??) e non può permettersi di comprare un lettore ebook a 79 euro, questo accade  perchè è povero o perchè è tanto abituato a non leggere che non gli scende di spendere questi soldi per un aggeggio che, presuppone, gli servirà solo per un esame?
Ecco, siamo forse al vero punto. 
Io sono convinto che se uno spende 79 euro per un aggeggio poi lo vuole usare e forse impara anche a leggere, impara che la lettura è una delle esperienze più straordinarie che l'animo umano possa fare.
Poi, alla fine, il mondo è bello perchè è vario. Se uno ha in avversità un lettore di libri ebook è libero di continuare a farlo. Come è libero di non sostenere quest'esame, trattandosi di un esame libero a scelta. Ne sceglie un altro.
Non c'è obbligo. 
Non mi strapperò i capelli per questo. Anzi. Così dei 570 paventati esami che mi aspettano ne farò un numero inferiore. Meno male. Per me e per quelli che leggono comunque. Su carta, su e-reader, o su PC con l'applicazione Kindle necessaria. 
Io, al di là di questa polemica di basso profilo,  ho un'idea nella testa: un'università libera e rigorosa, con professori efficienti che mettono i loro testi a disposizione  di tutti gli studenti per essere letti su dispositivi tascabili, con TUTTA LA BIBLIOTECA DI FACOLTA' e oltre, con tutta la produzione scientifica della disciplina che i giovani studiano, internazionale a disposizione, compresa nel prezzo delle tasse che si pagano. Tutto il corpus disciplinare, tutta la produzione scientifica liberamente fruibile e scaricabile nell'immediato sul proprio e-reader.
Un lettore fatto per testi e immagini.
Vi immaginate le infinite possibilità di ricerca? Vi immaginate che cosa vuol dire avere a disposizione la Biblioteca Universale  in tasca? Non credo possiate capire la portata di un disegno del genere. La sua enorme potenzialità creativa.
L'aveva pensata Wannevar Bush, nel 1945. La biblioteca universale degli uomini. Il mito di Alessandria. Ma non in un solo luogo. Dappertutto, come ti serve, quando ti serve.
Credete a me. Se uno ama i libri, come dite voi e io vi credo, non può non comprendere la portata rivoluzionaria di un'idea di questo tipo.  L'abbattimento di tutti gli impedimenti - ahimè dovuti solo alle case editrici - e la libera circolazione delle idee.
Il libro di carta nacque al posto dei rotoli e delle pergamene con questo spirito. La grande rivoluzione la fece Gutenberg che inventò la stampa a caratteri mobili allargando enormemente le possibilità di diffusione.
I libri divetntarono il veicolo più importante per la diffusione delle nuove idee. 
Non a caso (ed è un tema del nostro esame) nacque l'Indice dei libri e il Tribunale dell'Inquisizione. Sul contrasto alla diffusione dei libri. 
La cultura deve girare, deve essere di tutti, deve essere gratuita. Deve pagare solo l'autore. Mentre invece, oggi, l'autore è quello che guadagna meno nell'editoria tradizionale. I diritti d'autore sono il 7, il 10% del prezzo di copertina. Tutto il resto se ne va per distribuzione, per costi di trasporto, stampa, stoccaggio e per guadagno dell'editore e di tutto il personale coinvolto.
Con le piattaforme digitali l'autore può guadagnare fino al 70% del prezzo di copertina, in un rapporto diretto e più equo.
Su questa faccenda dell'editoria, degli autori, dei supporti, c'è bisogno di fare una lunga riflessione.
Certo, io posso sembrare arrogante con l'annullamento della copia a stampa. Ma stampare avrebbe significato stare a questo gioco con un editore. Un gioco che non sopporto più. Non sono più d'accordo.
Ecco il senso della mia provocazione.
Ci sta che uno non  condivida. E' questione di scelta. Ognuno con le sue idee. Io le mie credo di averle spiegate con sufficiente chiarezza.
Anche perchè, e lo ricordo a tutti coloro che oggi, prima dell'esame protestano, che ho detto il primo giorno di lezione che questo corso si sarebbe svolto secondo queste modalità, facendo uso di un e-book.