Francisco Urbini, Testa di cazzi (1530)
[vedi nota sotto per la descrizione]
di Claudio Cajati
Su,
non fare l’offeso, non prendertela così. Non cercare di conquistarti ancora più
importanza di quella che già ti si concede.
Lo
sai che lei è normalmente esagerata. Questo, poi, è stato un momento di
esasperazione. E qui mi prendo la mia bella parte di colpa: sono stato io, a
mia volta incalzato e asfissiato da te, a stuzzicarla, torchiarla, assediarla.
E le è scappato di dire questa cosa certamente sgradevole, ma che per te, lo
so, è terribile: essere definito ‘la schifezzella’.
Tu
poi, come tutti i tuoi simili, sei patologicamente orgoglioso, con questa
ossessione delle misure, le misure a riposo, le misure in azione. Con questa
fissazione dei paragoni, questo mito dei superdotati, della resistenza
prolungata. Che subito ti vergogni se non fai il tuo dovere e non ti allunghi e
ti indurisci come si deve al momento opportuno. E però guai a sottolinearlo,
anche senza intento alcuno di derisione. Non sopporti che te lo si rinfacci. Se
proprio è una defaillance di cui
vergognarsi – sembra che la maggioranza la pensi così - tu vuoi vergognarti in
solitudine, nel tuo protetto segreto pudore.
Sei
suscettibile. Eppure voglio essere franco con te. Ti credi bello, sei vanitoso.
Ma quando sei ridotto alle minime misure, rattrappito e quasi rintanato e
nascosto in mezzo ai testicoli, sei proprio miserello. Brutto e ridicolo. Ma
anche di questo non ti devi adontare, come se il tuo fosse un caso isolato.
Guarda, per esempio, le statue di personaggi maschili che grandi scultori hanno
creato: guardale all’attacco delle gambe. Si tratta di eroi, di miti, di
eminenze storiche tanto notevoli da aver sfidato il tempo e conquistato
l’immortalità e… ebbene, cosa c’hanno laggiù fra le gambe? Un pisellino corto
corto, infantile direi, che forse soffre ben più di te per essere esposto in
queste condizioni, per sempre, allo sguardo di sterminate moltitudini di
turisti, amanti dell’arte, studiosi, e vorrebbe tanto un panneggio amico per
potersi sottrarre all’ironia, ai sorrisetti compiaciuti, soprattutto di tanti
maschi che avevano temuto per l’adeguatezza della propria virilità e ora
possono tirare un sospiro di sollievo di fronte a tanto autorevole
testimonianza.
Ma
non è per queste ragioni, lo so, che lei ti ha chiamato ‘la schifezzella’. Non
è all’aspetto estetico, al problema delle misure che si riferiva; di quello a
lei gliene importa poco o niente. Lei voleva dire che tu vuoi sempre fare quelle cose, le schifezze insomma, secondo una diffusa espressione perbenista. Il
coso che vuole fare le schifezze: riassunto in una parola, la schifezzellla.
Lei non può sopportare che stai sempre pronto ad eccitarti, e pretenderesti di
fare sempre l’amore, come se lei fosse un giocattolo sessuale sempre a tua
disposizione. Non può sopportare che stai tutto concentrato sulla tua soddisfazione,
ma anche sulla tua prestazione, se sei stato gagliardo e valoroso per potertene
vantare. E magari non ti sei manco accorto che non c’è proprio un bel niente di
cui vantarsi perché, per badare solo a te, non ti sei sintonizzato con lei, non
sei stato attento a cogliere le sue esigenze, le sue richieste, i suoi tempi.
Insomma sei stato ancora una volta un fottuto egocentrico, che sa badare solo a
se stesso. Tu sei il re dei maschilisti, per te le femmine devono essere facili
trastulli passivamente disponibili. E vediamo se hai il coraggio di dire che
non è vero!
Ma
passiamo a quello che anch’io ho da recriminare, che non è meno grave.
Pure
verso di me hai assurde pretese, come sempre frutto del tuo cieco egoismo. Ti
rendi conto che io devo studiare – all’università mi tocca superare esami
difficilissimi, con docenti che sono esigenti se non proprio spietati - e per
studiare seriamente devo potermi concentrare al massimo? Ti rendi conto che
devo badare almeno un poco alle faccende di casa, che devo uscire a fare dei
servizi, e incontrare persone che mi possono essere utili? E poi la notte devo
riposare, dormire bene è fondamentale per l’efficienza diurna.
Ma
tutto questo come posso farlo se tu lì, in mezzo alle gambe, stai ogni momento
a distrarmi gonfiandoti e reclamando…? In frigo ti dovrei mettere, ecco.
Purtroppo, però, non sei un attrezzo che all’occorrenza si svita e poi si
riavvita. Stai invece ben legato al pube e mi trasmetti quella vibrazione di
desiderio doloroso che reclama una risoluzione. Me lo fai perfino in pubblico,
all’improvviso, mascalzone impertinente che non sei altro. E subito mi guardo
lì, preoccupato che la cosa sia così vistosa che gli altri se ne accorgano e
chissà cosa vadano a pensare.
Ma
chi ti credi di essere, piccolo coso che appena sai diventare un po’ meno
piccolo? Pretendi di essere il protagonista assoluto della mia esistenza? Te lo
dico una volta e non te lo ripeterò: mi devi lasciare un po’ in pace, non puoi
invadere, ogni momento che ti pare, la mia vita, non mi puoi far fare
figuracce. Nel teatro della mia vita, tu puoi al massimo pretendere di essere
la prima comparsa; ma il protagonista, e il regista, sono io.
Vedi
come ti devi mettere in riga. Non è proprio il caso che continui così.
Te
l’ho raccomandato, te l’ho ripetuto varie volte, ma tu fai finta di non
sentire. E all’improvviso, anche nelle situazioni meno opportune, ti gonfi e ti
allunghi, diventi duro da far paura.
Stamattina
l’hai fatta proprio grossa. Nell’aula dove facevamo esercitazioni di Geometria
Proiettiva, la professoressa Notarbartolo mi ha chiamato alla lavagna a
continuare un esercizio. Lei, bisogna dirlo, è giovane e carina, ma niente di
straordinario. Quindi sono riuscito a concentrarmi sull’esercizio. Sennonché,
all’improvviso, alla professoressa è caduto di mano il gesso. Volevo
raccoglierlo io, un gesto dovuto, ma lei si era già curvata e mi sono trovato
il suo fondoschiena a pochi centimetri dalla faccia.
Il
disastro è avvenuto in pochi istanti. Ho avuto un’erezione così forte che un
bottone dei pantaloni è schizzato via. E a quel punto, mentre la professoressa
era imbarazzata ma anche compiaciuta, dai banchi i colleghi, maschi e femmine,
si sono scatenati in fragorose interminabili risate di scherno.
E
così ho preso la mia decisione: visto che non ho il coraggio di castrarmi
(accidenti, è doloroso e irreversibile), mi imbottirò di bromuro. Così potrai
riposare, caro amico, ed io finalmente godere di qualche tregua.
Francisco Urbini, Testa di cazzi:(da Wikipedia):
English: Testa de Cazi
("dickhead"), Ceramic Plate (Maiolica) thought to have
been made by Francisco Urbini between 1530-1537, 23.3 cm diameter
Head composed of
about 50 penises. "A Renaissance joke reflecting contemporary ideas about
sexual explicitness in the writings of Pietro Aretino and others."
Words on the
Scroll (from rigth to left):OGNI HOMO ME GUARDA COME FOSSE UNA TESTA DE CAZI
(en. "every man looks at me as if I were a head of dicks")
On the backside: 1536
El breve dentro voi legerite Come i giudei se intender el vorite (en.
"If you want to understand the meaning, you will be able to read the text
like the Jews do") Jews read from right to left
prefigures the
work of the painter Giuseppe
Arcimboldo, but is not from him
•
Current Museum: http://www.ashmolean.org/collections/?type=highlights&id=97&department=2
•
Bying Information: http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/england/oxfordshire/3119370.stm