di Claudio Cajati
- Senti, amico…
- Altolà, mettiamo subito i puntini sulle i: Mi dia
del lei…
- Ma tu mica sei ‘na donna, scusa, perché debbo darti
del lei?
- Ma il lei per rispetto, che c’entra la donna.
Comunque sorvoliamo. E mi faccia aggiungere che io non sono suo amico.
- Ma perché, t’ho fatto qualche sgarbo, qualcosa di
brutto?
- E insiste con il tu! Le ho detto di darmi del lei.
- E va bbuo’, co ‘sta confusione dei sessi che ci sta
mo…
- Quanto al fatto che lei non è mio amico, che non
siamo amici, è perché io sono semplicemente il suo traduttore.
- Traduttore?! Ma allora ‘sta trasmissione va in
eurovisione? Ci vuole l’inglese?
- Ma no, mio caro…
- E no, mo sono io che devo mettere i puntini sulle i:
“mio caro” tu non lo puoi dire: non siamo amici, non sono tuo e, quanto al
“caro”, io la frutta e la verdura la vendo sempre a prezzi bassi, quasi in
offerta…
- E questo che c’entra con “caro”?
- Embè, se sono economico, non sono caro!
- Molto spiritoso, non c’è che dire. Comunque volevo
dire che non c’è nessuna eurovisione: il nostro è un programma sperimentale di
linguistica comparata…
- Guarda, te lo dico subito, non ti mettere a paragone
co mme: io tengo ‘na lingua così lunga che… insomma, non so se posso dirlo, ma
sì lo dico, ‘na lingua così lunga che alle donne le faccio godere di brutto…
- Ma io sto parlando di linguistica comparata. Cosa
c’entrano adesso la sua lingua e quello che lei fa alle donne?!
- Ma tu hai detto, se non sbaglio, “linguistica
comparata”, e io credevo che tu volevi mettere a paragone la tua lingua con la
mia, e stavi fresco…
- Senta, signor Lo Struzzo…
- E no, io non mi chiamo Lo Struzzo, mica metto la capa
dentro la terra. Io mi chiamo Lo Trucco, che nemmeno mi piace assai, ma quello
era il cognome di mio padre, e che ci posso fare…
- Bene, allora per non sbagliarmi – magari dico Lo
Struzzo invece che Lo Trucco in piena trasmissione – la chiamerò il Signor
Commerciante di Frutta e Verdura…
- Senti a mme, fai più presto se dici il Fruttivendolo
Verdummaro.
- No, il Fruttivendolo Verdummaro lo può dire lei. Io,
ribadisco, userò l’espressione “il Signor Commerciante di Frutta e Verdura”: è
più fine e conferisce maggiore importanza al mestiere.
- Come vuoi tu. Se ti piace complicare le cose…
- Ma adesso andiamo al sodo. Il programma sta per
cominciare. Funziona così: io le faccio delle domande, lei mi risponde come le
viene, senza timore di parlare come sa, e io traduco le sue frasi spontanee, semplici,
rozze, in un linguaggio più elegante, raffinato, ricercato. Va bene, è pronto?
- Sono pronto, stai tranquillo.
- Allora, a che ora si alza lei la mattina, e cosa
prova ad alzarsi a quell’ora?
- Io mi debbo aizare presto assai, alle cinque, o
anche prima, se no al mercato all’ingrosso gli altri mi fregano, si pigliano la
frutta e la verdura più buone, e mi scoccia assai aizarmi a quell’ora perché
non ho dormito abbastanza: mi piace vedere la tv fino a tardi, soprattutto per gustarmi
i video co le femmine a nudo che fanno quelle porcherie che ci piacciono a noi
mascoli…
- Bene. Il nostro Signor Commerciante di Frutta e
Verdura ha detto che deve interrompere la gradevole permanenza fra le braccia
di Morfeo in un intervallo fra le quattro e le cinque di mattina. Il motivo
consiste nel fatto che il nostro eroe è un venditore al dettaglio e, nella
filiera che conduce dalla produzione allo smercio, egli deve approvvigionarsi
al mercato all’ingrosso, dove non può permettersi di arrivare tardi vista
l’accanita concorrenza fra dettaglianti a chi si accaparra la frutta e la
verdura migliori. Purtroppo il nostro eroe non si riposa nel sonno a
sufficienza in quanto si reca a letto dopo la mezzanotte: egli ha infatti il
vizietto di essersi perdutamente appassionato alla visione di video porno. Per
riassumerne il plot, egli cade in un tipico atteggiamento maschilista in quanto
parla di “femmine a nudo che fanno porcherie”, come se i loro partner maschili
non le facessero parimenti.
Bene, la seconda domanda. Cosa dice sua moglie del suo lavoro, è
contenta o no?
- Mia moglie?! Ma io non tengo nisciuna moglie. E meno
male. Io non voglio catene, io voglio sta’ libbero. Ma però tengo ‘na femmina
rumena, che mi fa i servizi di casa e, veramente, anche quell’altro servizio… A
quella non c’importa niente del mio mestiere, non è contenta né scontenta. A
essa ci interessa solo che io guadagno bene, perché non è venuta in Italia e si
è messa con me per stare male come al paese suo, lì faceva la fame e non si
poteva togliere nessuno sfizio.
- Molto bene. Il Nostro Commerciante di Frutta e Verdura
rivendica la legittimità del suo scapolaggio come rigorosa conseguenza del suo
anelito alla libertà. D’altro canto, il nostro eroe è uomo moderno e sensibile:
mosso dai naturali incoercibili impulsi erotici, li ha convogliati in un’azione
di solidarietà verso una donna di quella sfortunata nazione ex-comunista che è
la Romania. La fortunata rumena – egli la chiama ‘femmina’, per cui dobbiamo
inferirne che ella sia piacente - non si impiccia fastidiosamente del mestiere
del Nostro. In cambio dei soli servizi domestici (e di quell’altro servizietto,
così comune, su cui sorvoliamo) ella riceve un dignitoso alloggio, un gustoso
vitto, e può vedere soddisfatti quei legittimi desideri di benessere,
divertimento e bella figura con abiti e monili, che al suo paese poté solo
sognare invano.
Proseguiamo. Terza domanda: il suo mestiere l’ha scelto per vocazione,
per tradizione familiare, o le è capitato casualmente?
- Quello mio padre era fruttivendolo e verdummaro, e
solo quello capiva, solo quello voleva che facessi anch’io. Se ne fregava che
io avrei voluto essere fantino o ballerino… ma poi, pover’uomo, teneva pure
ragione, io ero grosso e pesante assai, come facevo a fare il fantino o il
ballerino?
- Dichiarazione ben chiara. Il Nostro Commerciante di
Frutta e Verdura, nella scelta del mestiere, ha dovuto patire due ostacoli. Il
primo, quello oggettivo della sua complessione fisica, robusta e ponderosa, inadatta
ai mestieri di fantino o ballerino, che pur egli appassionatamente vagheggiava.
Il secondo ostacolo, quello soggettivo di un’imposizione paterna, quale era
comune, e perfino ovvia, al tempo dell’imperante patriarcato, oggigiorno ormai
tramontato nelle democratiche nazioni occidentali.
Andiamo avanti. Quarta domanda: anche se non sposato, lei ha figli? Se
sì, quanti?
- Eh, eccome se ce l’ho! Quella Alina, la femmina
rumena, m’ha preso per il culo, scusate la parola: quando non faceva i servizi
di casa, e faceva con me quell’altra cosa, mi diceva che prendeva la pillola.
Povero me scemo che mi fidavo! Insomma mi ha sfornato la bellezza di cinque
mocciosi… lo so, voi state pensando: ma se al primo figlio hai capito che la
pillola non la prendeva, poi non hai usato per esempio il preservativo (che
però non è che mi piace)? E sì che l’ho usato. Solo che quella lì è andata a
comprarli al Discount. Erano talmente uno schifo, che si rompevano mentre
facevamo… Allora i preservativi sono andato a comprarli io, quelli buoni che
non si rompono. Ma lei, quando non vedevo, me li bucava, e così sono nati i due
gemelli, il terzo e il quarto marmocchio. E il quinto? Il quinto non sarebbe
nato se avessi usato un preservativo di quelli buoni, ma quella zoccola
diavolessa venuta dalla Romania, che ha fatto?, mi ha messo i preservativi
cattivi dentro allo scatolino di quelli buoni, e con le luci basse io non mi
sono accorto dello scambio. E così è uscito il quinto marmocchio. Dopo di che, per
evitare altre brutte sorprese, ora facciamo solo quel sesso che non può nascere
nessuno, mi sono spiegato?
- Molto bene. Sintetizzando, il nostro eroe ha avuto
comportamenti doppiamente riprovevoli agli occhi della Chiesa. Primo, ha avuto
figli, ben 5, da una donna che non ha sposato. Secondo, pur di non aumentare
vieppiù il numero dei componenti della sua prole, ha ripiegato su atti sessuali
innaturali, e non starò qui, per carità di patria, a nominarli. Dalle parole
del Nostro Commerciante di Frutta e Verdura, si evince anche un suo implicito e
strisciante rifiuto degli immigrati, nella fattispecie nella persona della rumena
Alina, sua colf e concubina.
Bene, andiamo forte. Quinta domanda: lei ha qualche hobby, e ha tempo
per dedicarcisi?
- Io il tempo lo tengo per faticare, per badare ai
miei figli con i loro casini e capricci, e mi rimane qualcosa, l’inizio della
notte magari, per fare all’ammore qualche volta con Alina. Non so bene cosa
vuol dire ‘hobby’, comunque io non ne tengo. Mi sarebbe piaciuto andare a
cavallo, anche se non ho potuto fare il fantino; mi sarebbe piaciuto prendere
lezioni di ballo, anche se non ho potuto fare il ballerino. Dei miei 5 figli,
solo l’ultimo, Gaetano, è grosso e pesante come me; gli altri due maschi,
Domenico e Giuseppe, sono magri e leggeri e vorrei fargli fare i fantini,
mentre le due femmine, Nunziatina e Gelsomina, che sono slanciate e agili, ne
vorrei fare delle ballerine. Ma ci riuscirò? Mi sa che faranno di testa loro.
- Molto
interessante. Il nostro simpatico eroe esprime con puntigliosa schiettezza la
sua condizione di lavoratore e padre, con un residuo minoritario ruolo
sessuale. Condizione che gli toglie ogni possibilità di coltivare degli
hobbies, neanche quelli di andare a cavallo e prendere lezioni di ballo,
modesti surrogati dei suoi frustrati desideri, essere fantino o ballerino. E,
con una tipica proiezione dei desiderata paterni sui figli, egli spera di
indurre quattro di loro a intraprendere quelle carriere che a lui furono
negate. In conclusione, però, dubita del successo della sua iniziativa,
cosciente del fatto che i figli sono creature indipendenti dai genitori, a
volte a loro propriamente ribelli.
Ancora una domanda. La sesta: se non fosse nato a Napoli, dove avrebbe
voluto nascere?
- A Napoli, proprio no? E allora, allora… Ecco, mi
sarebbe piaciuto nascere a Mosca, là ci sta il teatro Bolshoi, che ci fanno dei
balletti che sono la fine del mondo, con i megli ballerini che ci stanno al
mondo. Avrei lavorato pure il doppio di quanto lavoro adesso qui, pur di fare i
soldi per andare a consolarmi con quei balletti, a vedere quei ballerini eccezzionali,
che almeno tutta quella bellezza di spettacolo la potessi vedere, io che non
avevo potuto… Però, i balletti li avrei potuti vedere anche qui, nella mia cara
Napoli, al Teatro San Carlo. Insomma, avrei voluto nascere comunque a Napoli!
- Il Signor Commerciante di Frutta e Verdura non
finisce di stupirci, in positivo s’intende. Mostra una cultura sorprendente per
uno che fa un mestiere come il suo. Continua a far vivere dentro di sé la
nobile passione per il ballo classico. Costretto a ipotizzare la sua nascita in
una città diversa da Napoli, sceglie la lontana ma appropriata Mosca. Infine,
con elegante disubbidienza, aggira la mia domanda: il suo cuore è a Napoli, nel
cuore di Napoli!
Ed ecco l’ultima domanda. La settima: qual è per lei la cosa più
importante nella vita?
- Ah, questa è ‘na bella domanda. Beh, per me nella
vita non c’è una cosa più importante delle altre. La vita è come un carciofo o
una lattuga: man mano che li sfogli trovi cose nuove che prima non potevi vedere
perché erano coperte. Così, nella vita ogni esperienza che hai fatto ti
permette di farne altre che prima nemmeno potevi immaginare. E quando non c’è
più nessuna foglia da togliere, vuol dire che hai finito di fare esperienze. Quella
è la morte.
- Stupendo. L’anima genuina del Commerciante di Frutta
e Verdura si rivela qui anima sommessa ma profonda di filosofo. Laddove
chiunque avrebbe indicato qualche cosa come quella più importante nella vita,
il nostro eroe sostiene, con icastica semplicità, che per lui nella vita non
c’è alcuna cosa più importante delle altre. E lo fa con una deliziosa e
pertinente metafora vegetale, riconducendo la sfuggente complessità
dell’universo alla dimensione lavorativa che egli padroneggia. Infine, conclude
con un riferimento secco, quasi brutale, al finale che tutti ci attende, ma lo
fa con quel sottofondo di ironia che la metafora del carciofo e della lattuga
veicola.
Complimenti
al nostro intervistato. E, per quanto mi riguarda, credo di poter affermare che
la prima puntata del programma sperimentale di linguistica comparata è andata
bene.