di Claudio Cajati
Sono nato che ero già un
genio. I miei genitori, invece, due cretini. Come è possibile che da due cretini
nasca un genio? È proprio un bel salto. Ne ho concluso che è errata
l’affermazione “Natura non facit saltus”. Invece li fa i salti, e il mio caso
ne è una dimostrazione esemplare.
Tanto cretini i miei
genitori, che non volevano farmi nascere. Dicevano a se stessi e ai rispettivi
suoceri e suocere che non era ancora il momento giusto, che loro non si
sentivano maturi abbastanza per fare un figlio. Solo che, bestie libidinose e
malaccorte quali sono, tanto si sbatterono a letto che bucarono il preservativo.
Ed eccomi qua, figlio non voluto, figlio eccezionale. Il che sta a dimostrare,
ancora una volta, la saggezza di Lao Tse: “Non tutto ciò che è bene, è bene;
non tutto ciò che è male, è male”. Bucare il preservativo è male, farne nascere
un genio è bene. Siete d’accordo?
Ho imparato a camminare a
un mese. A parlare e a scrivere a due mesi, e facevo già delle frasi di senso
compiuto. Il primo racconto l’ho scritto a un anno. Il primo manuale di
tecnologia a tre anni. Ho preso la laurea in Ingegneria Meccanica a 10 anni,
quella in Ingegneria Elettronica a 11 anni, quella in Architettura a 12 anni e
quella in Filosofia a 13 anni. Sono Ordinario in tutte e tre le Facoltà.
Il campo in cui brillo
maggiormente è quello delle invenzioni. Sono talmente straordinarie e talmente
tante che, per senso della misura (“Est modus in rebus” dicevano gli antichi
Romani) ne presento qui soltanto un’estrema sintesi, nel numero e nelle
spiegazioni.
Ho inventato il ciucciotto
autopulente: se si sporca, non occorre che la madre lo lavi perché ha un
serbatoio di acqua e amuchina che entra automaticamente in funzione.
Ho inventato il lettino
basculante a velocità variabili: quando ero neonato, notai che mia madre mi
cullava facendo oscillare il lettino sempre alla stessa velocità, il che magari
era rassicurante ma anche molto noioso.
Ho inventato lo spazzolino
da denti programmato e semovente: dotato di un minuscolo software, è una specie
di acrobata che, senza la guida della mano, si arrampica sopra e sotto, davanti
e dietro la chiostra dentaria.
Ho inventato la posata
unica coltello-cucchiaio-forchetta: si consegue in tal modo un consistente
risparmio, sia nel numero di posate che nel loro lavaggio.
Ho inventato un’auto che
usa la pipì come carburante: è necessario soltanto che il guidatore beva molta
acqua, così gli basterà orinare in un apposito pitalino collegato al motore, e sarà
libero dalla ricerca, talvolta angosciosa, di una pompa di benzina vicina e
aperta.
Ho inventato un robottino
che emette un verso a metà fra miao e baubau, cioè biao: questo ha il potere di
far diventare amici, per sempre, cani e gatti, di qualsiasi razza, taglia ed
età. Il detto “Fare come cani e gatti” scomparirà per obsolescenza.
Ho inventato un profumo
per sedurre le ragazze. Tutte, disponibili o ritrose, sposate o zitelle,
eterosessuali o lesbiche, religiose o atee… tutte insomma, si lasciano andare
ed è possibile possederle, perfino in luoghi pubblici. Però, la durata
dell’effetto è limitata, fra una e due ore a seconda del soggetto. E quindi
bisogna, all’occorrenza, avere lo spray a portata di mano e fare un’altra abbondante
spruzzata.
Molto grave, soprattutto
in un Paese come il nostro che invecchia, il problema delle donne che non
riescono a rimanere incinte. Con i connessi problemi della fecondazione
eterologa, sì o no, e le infinite polemiche etiche e politiche che ne seguono.
Ebbene ho risolto: ho inventato un additivo, da aggiungere al momento allo sperma,
per avere gravidanze sicure. Le boccettine con il mio additivo vanno a ruba, ma
io mi prendo solo 100 euro che poi devolvo ai bisognosi. E lo faccio in segreto,
in modo che il popolo, comunque criticone, non lo venga a sapere.
Ho inventato un apparecchio,
una specie di macchina della verità evoluta a cui è impossibile mentire. L’ho
pensata soprattutto per i nostri politici, esperti in piccole e grandi menzogne,
in promesse che già sanno di non poter mantenere, in omissioni oculate che sfuggono
al povero cittadino impegnato a sopravvivere, in insinuazioni insidiose che
sono invece spudorate calunnie. Al mio apparecchio, che funziona a base di vino
ad alta gradazione, la verità non sfugge: come dice il proverbio, “In vino
veritas”.
Ma. Ma c’è un ma: pure noi
geni abbiamo qualche cruccio.
A scuola. Già alle
elementari, e poi alle medie, al ginnasio, al liceo, all’università, la mia
genialità induceva reazioni estreme. Tutti quelli che hanno avuto a che fare
con me, anche i cosiddetti amici, si sono divisi in due gruppi: quelli che mi
frequentano e mi adulano sperando chissà quale geniale ricompensa; quelli che
si allontanano e mi evitano perché li faccio sfigurare e provare invidia.
Le donne. Vengono con me, anche
quelle restie, già fidanzate o sposate. Il mio profumo magico per sedurle è
infallibile. Del resto non sono brutto, e a letto me la cavo, anche se non sono
un grande amatore. Ma poi, svanita l’azione del profumo (non posso spruzzarlo
all’infinito!), se la svignano. Loro preferiscono gli uomini cretini o, al
massimo, normali, con cui mettere in pratica la famosa parità dei generi.
Purtroppo con un genio non c’è parità possibile. A meno che la donna non sia
anche lei un genio. E qui in paese di genî ce n’è uno solo. Io. I miei genitori,
i cretini doc, vorrebbero aiutarmi. Ogni tanto se ne escono con frasi del
genere: “Leonardo, tu cerca di nascondere che sei un genio, fai la parte di
quello normale, e anzi ogni tanto fai qualche fesseria, di’ qualche scemenza… Tutti,
uomini e donne, non vogliono uno come te, vogliono uno al loro livello, sennò si
mortificano, finiscono per trovarti insopportabile…” A questo punto è meglio se
sto zitto: che gli dico a fare che io sono quel che sono, e non mi va di fingere?
Poi ho il problema che molti,
diffidenti o invidiosi, sostengono di non credere a tutto quello che ho
inventato e so fare. E, di bocca in bocca, nel paesino procede il tamtam micidiale:
anche quelli disposti all’inizio a darmi un minimo credito, si convertono in critici
impietosi. Allora mi è toccato mettere di nuovo in funzione il mio geniale cervello:
dopo aver soppesato varie alternative, ho pensato di inventare uno spray che
ubriacasse le menti e le costringesse a credermi, perfino se mi saltava in
mente di buttare là una fesseria. Ma, stranamente, ho fatto flop.
In paese intanto si sono
ormai coalizzati contro di me. Mi perseguitano quotidianamente, con sfottò,
grida, calunnie, spintoni, sgambetti, lancio di pietruzze (“Ehi genio, da quale
lampada sei uscito? Da quella di Aladino?” ”E faccele vedere tutte queste
invenzioni, su, che siamo curiosi” “Se sei un genio, facci diventare genî anche
a noi” “Sul cervello ci hai fatto un’assicurazione, nel caso si guasti? Ma
quello è già guasto!” “Sei un genio e quindi ci guardi dall’alto, ma noi che ti
guardiamo dal basso vediamo che le palle non ce l’hai!” “Ad Halloween, dopo che
hai dato i dolcetti, cosa gli hai fatto alle bambine, eh sporcaccione?” “Anche
fosse vero che sei un genio, resta il fatto che a noi sembri soltanto un poveraccio
isolato e asociale”).
Ho dovuto rifugiarmi in
casa. Loro credono di avermi sconfitto. Ma non sanno che la solitudine aguzza
l’ingegno, soprattutto quello del genio. Ogni tanto mi affaccio alla finestra e
mi faccio vedere stanco, demotivato, abbattuto, addirittura depresso. Mando
perfino, di tanto in tanto, qualche gemito e qualche singhiozzo. Loro pensano
di avermi proprio annientato, di essersi liberati finalmente di quel presuntuoso
bugiardo che si vuole far passare per un genio. E non sanno niente dell’ultima
invenzione che sto mettendo a punto. Una super bomba per farli fuori tutti.
Allora sì che sarò veramente solo.