Letteratura disegnata: un corso virtuale
Hugo Pratt, La ballata del mare salato
primo frame
Lezione uno
Ho deciso che il corso che ho in mente lo metterò per
intero sul web. Userò un metodo che voi, alla fine troverete banale. Ma che
tanto banale non è.
Mi spiego. Scriverò dei brevi testi, come questo che –
spero – starete leggendo.
Io voglio parlarvi della Letteratura Disegnata.
Che cos’è? E soprattutto che metodo intendo seguire?
Su che cosa sia ci torneremo tra pochissimo. Il metodo?
Voglio cercare di sfruttare a fondo le
potenzialità del web e ricorrere a media
integrati.
No, non voglio dire cose complicate. Voglio dire che farò
uso di scritti, di immagini, di video e che tutte queste cose, per quanto ne
sarò capace, saranno integrate tra loro.
Perché?
Perché sarebbe bello fare un corso reale. Con me da un
lato che parlo e voi che ascoltate
(presuppongo sempre che abbiate voglia di farlo). Ma le nostre lontananze, gli
impegni, il lavoro, i figli e tutto il resto rendono difficile questa
eventualità.
Allora cercherò di aiutarmi con l’informatica, con il
digitale.
Non vi ho ancora detto perché noi dovremmo dedicarci alla Letteratura Disegnata. Posso essere un tantinello volgare e napolitano di stretta osservanza?
«Pe’ ghj ‘nculo allo munno» (“per andare in culo al
mondo”. E ci vuole anche l’espressione sottintesa Afammocc).
Abbiamo effettuato una sintesi di espressioni dialettali
di epoche diverse. Ghire in culo allo
munno è seicentesca o pressappoco. L’ho pescata, oltre che nel lessico corrente, in Cortese
o in Basile, adesso non ricordo più. Come seicentesca è la preposizione
articolata “allo”. Afamocc invece è espressione facebookiana usata soprattutto
dai tifosi del Napoli quando la squadra del nostro cuore segna.
Se state su FB e in contemporanea c’è una partita del
Napoli, nessun segno da parte di nessuno è un pessimo segno. Vuol dire che il
Napoli sta sotto e i tifosi soffrono. Ma l’apparizione di uno splendido
“afammocc” è segno che il Napoli ha segnato. E tante più sono le vocali, tanto
più importante è il gol nell’evoluzione della partita. Così “afammocc” mi dice
che il Napoli ha segnato ma era nell’aria, se l’aspettavano. Ma una cosa del
genere:
“Aaaaaaaaaafaaaaaaaaaamooooooooooccccccc!!!”
sta a significare che si tratta di un gol importante,
fondamentale, che chiude la partita o che viene da un improvviso capovolgimento
di fronte, dopo un periodo di sofferenza, dove la difesa del Napoli ha fatto
tremare i tifosi e ci si è visti sotto e solo per un pelo non è successo
veramente. Un pericolo scampato, dunque, e un insperato successo.
Perdonate questa digressione pseudo-calcistica. Ma dovete
scusare se mi permetto di infilare in uno scritto maleparole. Ma pare che oggi
si porti essere volgare e perdersi in trivialità varie. Io non seguo le mode.
L’ho sempre fatto. Ho sempre jastemmato liberamente contro il potere del
momento o chi opprimeva gli altri immeritatamente. Intere generazioni di
studenti dei passati quarant’anni di mio insegnamento universitario possono
testimoniare a mio favore. Cantare e contare i muorti e i chitemmuorti a chi di
dovere è sempre stato uno dei miei principali impegni didattici.
Sbloccare l’aulicità, l’ineffabilità e la pallosità di una
lezione ex-cathedra è stato uno dei miei principali obiettivi. Sempre.
A volte vale molto di più un chitemmuorto ben assestato e piazzato al punto giusto di una
discussione che non mille ragionamenti sulla Ragion pura e discorrere sul
metodo.
Ci dobbiamo capire, allora.
La Letteratura Disegnata
è un residuo della nostra infanzia. Di quando disegnavamo in piena libertà
“pupazzielli” stortignaccoli e mammà nostra ci diceva che erano bellissimi e
che eravamo dei Rembrant in erba. Ecco perché ci piace (anche se ce ne vergogniamo
un po’) il fumetto.
Io avevo una cassetta piena di giornaletti. Bella
quest’espressione per indicare il fumetto. Un giornale più piccolo, perché di
dimensioni più piccole del paginone del quotidiano, ma anche perché vero e
proprio “giornale dei piccoli”. Letteratura disegnata per loro. Splendido.
E non appena avevo
le mie trenta lire, correvo dalla giornalaia a via Cedronio a comprarmi
l’ultimo Topolino, Tex o il Grande Bleck.
Il fumetto alto e colto di Hugo Pratt e dell’avventura più psicologico-intellettuale che non viaggio concreto, metafora, insomma, di condizioni di pensiero ed esistenziali, ha conquistato
diritto d’asilo, oggi, nella cultura italiana contemporanea. La ballata del mare salato ha,
l’introduzione nientedimeno che di Umberto Eco. Un vero e proprio battesimo
editorialculturale di alto lignaggio.
E quando mai il trio, per me superbo (ne parleremo) che
componenva la EsseGesse, ha potuto sperare in tanto? E sì che loro di meriti ne
avevano. E grandi. E come erano bravi nel disegno!
Questo per dire che oggi è entrato nella cultura corrente
come vera e propria forma d’arte quello che, quando io ero piccolo, era una
trasgressione tollerata ma del tutto malvista dall’ambiente scolastico. Che,
insomma, anche il fumetto infantilotto
di Paperino & Co e quello un po’
volgare di certi fumetti noir, come una
certa produzione italiana d’annata del tipo
Satanik, Criminal, Diabolik e così via è pienamente accettato come forma espressiva compiuta.
E questo per me riveste un’importanza fondamentale. Perché
con il fumetto ci possiamo dedicare alla fantasia, al viaggio, all’avventura
senza tante obbligazioni di tipo “culturale”. Senza tanto “impegno”,
concedendoci a cuor leggero. Come ci concediamo al noir, al giallo, al thriller.
Perché, spesso molti di noi, si portano appresso un complesso
di colpa se provano simpatia per i filmacci di quarta categoria, i “filmettoni” li chiamavano
all’epoca mia, quando la sera andavano in gruppetto di amici con le ragazze al
cinema Amedeo, al 2000 o al Trianon a
vedere western di cassetta, film horror che tutto facevano tranne che mettere
paura con Barbara Steele, Peter Cushing
e Christopher Lee. Lo facevamo nonostante la consapevolezza che stavamo
tradendo un po’ il nostro dovere verso il cinema “impegnato”, come – che so? – l’Anno scorso a Mariembad, du’ palle,
insopportabile, incomprensibile, noiosissimo, e, permettetemelo, pure nu
pucurillo “stronzo”. Con un Albertazzi giovanissimo che non si sapeva che cazzo
andava cercando con i suoi sbariamienti in una villa di cartapesta, cattiva
scopiazzatura dalle pitture surrealiste di un Magritte o un Dalì. E quelli
della Nouvelle Vague? Maronna mia, Dio ci protegga! Meglio Tina Pica , schietta e sincera di Pane amore e fantasia o un buon Totò dei
Due marescialli, Totò Tarzan, San Giovanni
Decollato e così via. Per non parlare di veri e propri capolavori come L’invasione degli ultracorpi, La guerra dei mondi, Il pianeta proibito e altri.
Che sto dicendo, insomma?
Sto dicendo che dobbiamo buttare a mare Proust,
Dostoewskij e Joyce? Nient’affatto. Per carità. Guai a chi mi tocca il principe
Myskin e la sua allucinata fede tradita nell’umanità che fa di tutto per
distruggerlo e ci riesce, sbattendolo definitivamente nel regno della follia. Sto
dicendo solo che dobbiamo essere più soft. Meno obbligati e bacchettoni nei
confronti della cultura “alta”. Che dobbiamo imparare ad amare tutto quello che
è creativo. C’è un video splendido di Simenon che parla della sua scrittura. E
soprattutto delle sue origini: letteratura di cassetta, di alto consumo
popolare. Eccovi qui il link, Guardatelo facendoci clic.
Così capiremo molte cose.
Insomma ci possiamo permettere di sognare un po’ alla
buona. Ci è consentito. Ce lo meritiamo. Se ci piace.
Bene. Il fumetto, per quelli della mia generazione
rappresenta una vera e propria “rivoluzione”. Contro l’impegno politico, contro
gli obblighi culturali. Contro l’impegno. Che parola orribile questo termine
«impegno», non trovate? A me ricorda i banchi dei pegni napoletani. Istituzioni
nate per dare un aiuto alla povera gente. Dunque imprese positive. Ma pur sempre
ricordo di miseria, afflizione, chiusura, disperazione, vita che si chiude alla
speranza. Di una plebe condannata alla
sofferenza per tutta la vita.
No basta! La misura è colma.
Vi racconterò, in un
prossimo video, che cosa è stato il
fumetto per me. Una vera e propria idea di liberazione.
E’ la mia vera storia alle elementari. E mi permette di
dire qualcosa pure su un certo tipo di scuola, la sua nefandezza, la sua
inutilità. Ma questo è un discorso lunghissimo che qui c’entra poco. E ci
porterebbe lontanissimi da quello che voglio dirvi.
A proposito, sapete chi è il professor Occultis? No?
Vi dovrei bocciare tutti. Se lo sapete bene. Avete il mio
plauso. Se non lo sapete è giusto che rimaniate nella curiosità per un po’ di
battute. Almeno fino alla prossima lezione. Prometto che ve lo racconterò. Ma
aspettare fa bene. E il professor Occultis è un buon capitolo di ottimismo che
conviene studiare bene. Alla prossima.