di Giacomo Ricci
"Ho impiegato anni a cercare di sbloccarmi, a rimuovere ostacoli, a cercare di creare una trasmissione chiara fra il passato e la mia penna. Allora, come oggi, scrivevo pagine e pagine di semplici note; parole, frasi, paragrafi, biografie di personaggi, tutto per il momento slegato. C'era molto materiale, ma era piuttosto caotico. Ci voleva ordine, ma troppo ordine, troppo presto, poteva essere più pericoloso del caos. Non volevo soffocare la mia immaginazione proprio mentre stava esplodendo, anche se la cosa mi faceva sentire instabile.
Un controllo ferreo fa sì che niente di interessante si verifichi. In qualche modo devi mettere insieme tutti i pezzi del tuo rompicapo senza sapere se combaceranno. Il disegno o l'immagine complessiva è qualcosa che devi scoprire più tardi. Devi crederci, anche quando la sola base per credere è la vaga intuizione che una storia completa alla fine emergerà."
Hanif Kureishi, Da dove vengono le storie?
Un pezzo che spiega l'enorme complessità e l'indecisione che accompagnano l'esperienza di crescita di uno scrittore e la costruzione di una storia. Appunti, pagine e pagine, frammenti slegati. Lo sforzo poi, alla fine, è mettere tutto insieme in un complesso coerente e stabile o dotato di una certa instabilità "controllata".
L'instabilità "controllata" è quella che permette la definizione di crepe e varchi attraverso i quali il lettore si possa infilare e procedere con la sua immaginazione.
Straordinaria collaborazione-complicità che si stabilisce tra due persone lontane e sole. Perché l'esperienza di lettura è altrettanto sola e individuale che quella della scrittura. Sono due menti che si trasmettono pensieri, sensazioni. Ma non esiste sensazione più falsa di quella scritta. Perché è l'estratto ragionato, soppesato, calibrato, artefatto al massimo di quella che era un tempo una sensazione.
Artificiale e naturale si fondono in un tutto indistinto e pluriconnesso dal quale è assolutamente difficile, se non impossibile, estrarre, distillare la sensorialità immediata della prima esperienza. Ciò che ne resta è un sublime artificio che, per fare in fretta, chiamiamo arte, ma che è molto difficile da definire.
Eppure sta là. Quando due individui, mondi lontani comunicano in questo modo avviene una specie di prodigio. Da una rarefazione intellettuale e scritta con segni stabiliti per convenzione astratta e rarefatta si distilla un'emozione che si trasforma in pensiero.
E l'immaginazione si mette in moto. E non la puoi fermare.
Straordinario.