di Maurizio Zenga
Caro Giacomo,
avevo 23 anni quando usciva "terra mia" di Pino
Daniele, era il 1977 e all'Università ci chiamavano "indiani
metropolitani". Io e Pino ( Romanazzi, l'altro Pino a cui mi lega un
affetto antico ) dipingevamo il pavimento della Facoltà di Architettura con
l'arcobaleno dopo averne fatto un progetto esecutivo che ancora conservo in
garage, arrotolato e protetto da un tubo di plastica. Lo stesso che usavo in
quegli anni.
Un anno dopo, prima di terminare l'Università, avrei
lasciato Napoli per darmi all'esilio di Treviso dove l'incontro estivo con la
donna che avrei poi sposato mi aveva portato, non del tutto casualmente visto
che la mia città cominciava a togliermi il respiro.
Una delle cose che ho portato con me e che conservo ancora
gelosamente è il suono della mia città, i rumori, le voci, la musica, il
vento... ( magistralmente cantato dal giovane rapper napoletano Clementino ).
Pino mi ha fatto compagnia e mi ha spesso difeso dalle nostalgie e dalla
malinconia, mi ha dato la forza di restare lontano per tanti anni e di rimanere
allo stesso tempo vicino alle mie radici, mi ha ricordato di cosa siamo fatti
noi, popolo di Napoli, dentro. Ogni volta che l'ho ascoltato mi sono sentito
forte di questa appartenenza, antica, radicata, pesante e ogni volta mi ha dato
le motivazioni per restare lontano da Napoli senza sentirne troppo la mancanza.
Dirai che è strano che una musica possa farti sentire bene
anche se lontano. In effetti è strano ma è così, anche perchè Pino era molto
critico nei riguardi di una certa "napoletanità" da cartolina e nei
confronti dei molti difetti che comunque
caratterizzano una buona parte del popolo di Napoli. Sapevo che lui era
restio a ritornare a Napoli perchè non ci stava bene, così come non ci sto bene
io se ci resto più di qualche giorno e per questo ne condividevo
l'atteggiamento di amore e odio al tempo stesso. Tipico di chi ama e ama
appassionatamente.
Io ho amato la sua musica e la amo profondamente, sempre
allo stesso modo, perchè sposa il carattere popolare, antico e allo stesso
tempo unico e originale della Napoli di ieri e di oggi, è una musica colta e
raffinata ma anche di facile ascolto per chi vuole fruirne superficialmente.
Inoltre, come molti hanno detto, ha dato una visione nuova alla tradizione
napoletana classica indirizzandola verso altri orizzonti creativi ed
espressivi. Pino l'ho amato da subito e continuo ad amarlo per quello che mi ha
dato concretamente in tutti questi anni, ascoltandolo e suonandolo da solo o in
compagnia con la mia chitarra. Ho assistito ai suoi concerti decine di volte (
l'ultima fortunatamente a Verona nel mese di settembre...) e conservo
gelosamente tutti i biglietti in modo quasi maniacale. Gli ho regalato un mio
quadro che gli consegnai direttamente a Formia mentre stava registrando
"Ferry Boat" e un'altra volta sono andato a casa sua con amici comuni
e questo mi ha dato la sensazione che fossimo da allora un po' amici anche io e
lui...
La sua morte è stata per me una durissima rinuncia ad un
piccolo pezzo di me che avevo in comune con lui. Una sofferenza che dura ancora
oggi mentre ti scrivo e mentre non smetto di guardare le immagini del suo
funerale a cui avrei voluto essere presente. Credo che ognuno dei presenti
nella grande Piazza del Plebiscito avrebbe voluto portare la sua bara sulle
spalle per un gesto semplice e spontaneo di riconoscenza. Io lo avrei fatto
perchè gli volevo bene e gli devo molto.
Proprio qualche sera fa, parlando con un mio amico di Pino
Daniele e della sua musica ( era ancora vivo ) mi diceva di apprezzarlo sì ma
quello della prima ora perchè ultimamente era poco creativo ecc. ecc. cose già
sentite mille volte. Non gli ho risposto perchè avremmo polemizzato inutilmente e non era il caso ma
avrei voluto dirgli: "scusa ma, secondo te, può un artista essere creativo
e rivoluzionario per quarant'anni allo stesso modo? Non basta quello che ha
scritto per anni e tutti i concerti che ha fatto in giro per il mondo..? Ma sai
a quanta gente avrà dato la felicità, almeno per qualche istante? A cosa serve
dire che ora Pino Daniele non è più quello di prima, che la sua musica non è
più interessante, che è superata da altro
ecc...? Ma lo sai che potrebbe bastare una sola delle sue decine di canzoni
memorabili per essere iscritto per sempre nell'Olimpo dei Grandi? ecc.
ecc." Invece ho lasciato perdere e bene ho fatto perchè la stessa persona
che mi ha fatto quel discorso oggi ne piange la scomparsa, credo come tutti
noi. Non ha senso la critica sull'evoluzione o l'involuzione della sua musica,
o peggio ancora sul carattere scorbutico ( una favola messa in circolo da
qualche perditempo ) io so solo che cantando "Quando chiove" in macchina percorrendo le centinaia di
chilometri di autostrada, a volte, sono stato felice.
Poi, improvvisamente,
irrompono questi dannati che sparano a bruciapelo ad un uomo indifeso riverso
sul marciapiedi in nome di una religione e di un dio sconosciuti ( quale Dio
predica l'odio? Quale ?! ) ma non sono umani, sono bestie feroci. Cosa sanno
questi demoni disumani della felicità della musica e delle parole che infondono
amore? Vorrei aver vissuto fino in fondo l'epica forza della Piazza del
Plebiscito illuminata, mistica, quasi surreale nella sua bellezza ma la
violenza ha avuto il sopravvento su tutto...TV e giornali si sono riempiti di
odio e Pino se n'è andato, accompagnato solo dal "suo" popolo. Un
contrasto spaventoso tra odio, violenza,
amore e bellezza che si sono mescolati nei servizi televisivi e negli articoli
di giornale fino a sovrapporsi e a confondersi nella nebbia dell'informazione
da cui ne sono uscito stordito, confuso,
avvilito.
Prego per Pino ma ora anche per i miei, i nostri colleghi disegnatori, vittime di una ferocia
insensata, e chiedo pace per le loro anime. Non so quando riuscirò a riprendere
la mia matita in mano e se troverò la forza di ridere ancora di qualcosa ( in
guerra è difficile farlo ) ma spero che continueremo comunque a dirci ancora
una volta quando saliremo in macchina insieme: " Giacomì..appicci'o stereo, miett' nu'
poc'a Pino"..."yes I know my way"...
Ti abbraccio forte,
Maurizio