Il rapporto con un figlio in età adolescenziale è difficile, complicato, tormentato. Più che persone in conflitto, si tratta di modi diversi di affrontare il mondo e la vita che si contrappongono.
E nascono domande, quasi sempre di difficile risposta, conflittuale, tormentata.
Il racconto di Maurizio Zenga apre questioni, contraddizioni, dolori, lacerazioni, dubbi.
C'è di che riflettere.
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Ciao papà...
di Maurizio Zenga
Ciao papà!
Dove vai?
Esco con gli amici ma rientro per cena…
Ok, mi raccomando…Testa sulle spalle e
occhio!
Vado in piazza e poi ci mangiamo qualcosa
insieme, una pizza… Non ti preoccupare.
Va bene, ma dove vai a mangiarla? Hai soldi
in tasca?
Siiii, ho sette otto euro...
E cosa fai con sette otto euro… una pizza
costa minimo dieci euro?
(si chiude la porta alle sue spalle e così il
nostro breve dialogo...).
Sua mamma è all’estero per accompagnare una
scolaresca e lui è con me per una
settimana, dorme fino a tardi, mangia e chatta nervosamente sul suo telefonino
e sul profilo di Facebook per dirsi cose incomprensibili con i suoi “amici” dei
quali spesso conosce solo il nome o una abbreviazione ancora più semplice (nick
name)…
“Oi..”.
“Cià…”
“Che dici?”.
“Ora?”.
“Ma?”.
“Alla grande!”.
“TVB”…
Ma cosa
si comunichino esattamente in questo
modo è difficile dirlo e dunque ancora più difficile capire, per me, quali
siano i rapporti che intercorrono tra lui e questa massa di persone di cui si
circonda dentro e fuori dalla “rete” e con la quale ha una vicinanza virtuale
fatta di suoni (le musiche e i video che vedono e condividono) parole
abbreviate e private del proprio
significato letterale, immagini (quasi sempre autoreferenziali e finalizzate a
mostrarsi nella rete come vorrebbero
essere e non come sono...) edulcorate, che surrogano ampiamente il
dialogo personale e ravvicinato che tra due o più persone che si dicono “amici”
dovrebbe esserci naturalmente.
Mio figlio è un mistero.
Non solo per me ma credo anche per lui stesso
che non si spiega e non mi sa spiegare
certi suoi comportamenti, a volte mi fa tenerezza e vorrei proteggerlo come si
fa con un bambino (ha solo sedici anni…), altre volte mi fa rabbia e vorrei che
andasse a sbattere contro le sue ostinate convinzioni basate sul nulla e che finalmente
imparasse ad ascoltare i consigli di suo padre o almeno a seguire il buon senso comune.
Mi ha chiamato dal suo cellulare verso le
cinque:
“…Vado in piazza e poi forse a casa di
Antonio e lì ci mangiamo qualcosa … Ci vediamo sulle undici, mi vieni a
prendere... ok”.
“Alle undici è troppo tardi, io sto già
dormendo… Vengo un po’ prima…”.
“Dai papàaaaa è sabato… Almeno fino alle
undici no? Che problema c’è daiiiii…”.
“Va bene ok, alle undici puntuale però, dimmi
se ti sposti, se vai da qualche altra
parte e fammi sapere sempre dove
ti trovi per favore… Ciao. Mi
raccomando...”.
Ogni volta la stessa manfrina, la richiesta è
sempre la stessa (fare più tardi
possibile) e la mia risposta è sempre uguale… Quando è con me, dal momento che
non conosco i suoi amici né tantomeno i
loro genitori, preferisco che non faccia troppo tardi e non mi fido di quello
che mi dice per rassicurarmi.
Che sopporti questo piccolo sacrificio ma non
mi metta nella condizione di mandarlo a casa di chi non conosco o chissà
dove...In fondo, vivendo con sua madre, è lei che ha la possibilità di
osservare i comportamenti di questi ragazzi e di verificarne l'affidabilità. A
me non è concesso.
Verso sera mi telefona di nuovo, questa
volta con voce concitata e con una certa
carica di energia che avverto con sospetto…
“Papà?”.
“Sì, dove sei?”.
“Sono in piazza, con gli amici, volevo
chiederti se posso dormire a casa di Giorgio
stasera…”.
“…Ma possibile che non capisci? Ti ho detto
mille volte che quando sei con me preferisco che tu venga a casa, perché mi
metti in difficoltà? Lo sai che non voglio, mi costringi a dirti di no…”.
“Dai papàaaaa…Ti prego, ti
pregoooooo…Daiiiii… Giorgio lo conosci, che problema c’è, dormo lì così
domani verso le nove ci svegliamo e
studiamo insieme la versione di greco… Domani è domenica!”.
“…Ti ho detto di no! Per favore Andrea non
insistere… (ma quando mai si è svegliato alle nove di domenica...per studiare?
)”
“Dai, ma che ti costaaaaa? Per favoreeeeee…
Papaaaaà..”.
La sua insistenza comincia ad essere
fastidiosa e anche un po’ sospetta in quanto lo studio non è stato mai molto
importante per lui e questa richiesta mi irrita proprio perché supportata da
una scusa fin troppo plateale (non me lo immagino proprio svegliarsi di
domenica alle dieci, quando solitamente si sveglia dopo mezzogiorno e
normalmente studia non più di un’ora di seguito, alternando il libro con messaggini compulsivi e dialoghi criptati via
Facebook…).
“Ho detto di no Andrea! Vengo a prenderti
alle undici come d’accordo, punto e basta!...”.
“Ma papà ti faccio parlare con il papà di
Giorgio va bene? Parli con lui… Dai ti pregoooo…”.
“MA L’ITALIANO LO CAPISCI O NO? HO DETTO NO,
NO E NO! NON CONOSCO AFFATTO GIORGIO, L’HO VISTO SI E NO UN PAIO DI VOLTE
E NON VOGLIO CHE TU MI FACCIA TELEFONARE DA SUO PADRE, NON ME NE FREGA
NIENTE! COSA DEVO DIRGLI A UNO CHE NON
CONOSCO?
FALLA FINITA ORA PERCHE’ COMINCIO AD
ARRABBIARMI …”.
“Ok, allora facciamo così, ora chiedo a
Giorgio di farti chiamare da suo padre e
poi, dopo che avrete parlato,
decidi. Va bene?”.
“Gesù dammi la pazienza! E va bene, se hai
deciso che deve chiamare il padre di Giorgio…
Però sappi che la mia risposta sarà esattamente la stessa,
dirò a lui quello che ho detto a te e poi
speriamo che sia finita”.
“Ok, ok, tra dieci minuti ti faccio chiamare
ciao, ciao grazie, ciao…”.
“Sì, pronto? Sì, sono il papà di Andrea
buonasera…Mi scusi ma io veramente…Sì…Sì… Certo, conosco Giorgio ma solo di vista…
Noi no non ci conosciamo sa, io sono il papà ma non vivo con lui, per me è
difficile accordargli un permesso del genere… Non è per lei per carità, non
vorrei che pensasse che non mi fido ma è
solo che non me la sento…Sua madre è all’estero e io preferisco tenerlo a
casa…No, no…Capisco, si…Capisco…Lei è molto gentile ma sa io non la conosco e
non vorrei che Andrea disturbasse mai in casa d'altri… Sì, la ringrazi molto,
lo immagino ma… Preferisco così guardi, grazie. Si convinceranno anche loro che è meglio così grazie ancora e
mi scusi, arrivederla grazie comunque per la disponibilità, grazie… Buonasera,
mi scusi ancora, non è per sfiducia sa, credo che lei possa comprendere la mia
situazione… Buonasera”.
Ho avvertito un senso di disagio veramente forte
nel dovermi giustificare con questo signore certamente più giovane di me e più
disinvolto nei rapporti con gli amici di suo figlio ma io cosa devo fare? Sono
sincero, non ci riesco, la mia preoccupazione e anche il desiderio di tenerlo
con me quel poco di tempo che lui mi dedica è più forte, mi dispiace tanto
dirgli di no, sempre di no ma è meglio
così per tutti.
Alle undici di sera in punto sono al posto
concordato per l’appuntamento, Andrea
non c’è ma arriva dopo poco di corsa, non so da dove… Mi pare
piuttosto trafelato e affanna
visibilmente…
“Da dove vieni scusa in questo stato?”.
“No, niente, ero in piazza con gli amici e
sono venuto di corsa…” (la piazza è a due passi...).
“Alle undici e mezza di sera che cavolo ci
fate in piazza? Mah...
All'età tua io ero a casa a dormire da un
pezzo...”.
E' quasi mezzanotte e Andrea è in camera sua
che dorme già da un po' quando squilla il telefono...
“Pronto!? (ma chi è che telefona a quest'ora
porc...)”.
“Buonasera, mi scusi, il papà di Andrea?”.
“Sì mi dica, con chi parlo?”.
“Guardi... abbia pazienza, non ci conosciamo
ma io le telefono perché so chi è lei e
la stimo tanto...La vedo spesso sotto casa mia, quando viene a prendere suo
figlio e mi ha sempre dato l'impressione di essere una persona per bene...”.
“La ringrazio, va bene ma chi è lei scusi,
non capisco perché mi telefona a quest'ora...”.
“Sono Scuratich, il vicino di casa della
mamma di Andrea, abito proprio sotto il loro appartamento e ...volevo...siccome
so che la mamma non c'è...Ho pensato di chiamare lei per rassicurarmi”.
“Ma di cosa scusi, non capisco, può essere
più chiaro per favore? Credo di aver capito lei chi è, mi pare di averla incontrata qualche volta
per le scale ma...Mi spieghi il motivo della sua chiamata per favore...”.
“Lei sa dove si trova Andrea in questo
momento? ...”.
“Certo che lo so...E' in camera sua che
dorme! Ma perché me lo chiede scusi (comincio ad agitarmi )?”.
“Veda, io ho due genitori anziani in casa e
sono venuto fuori per telefonarle per non metterli in ansia...Volevo accertarmi
che Andrea non si fosse messo nei guai, perché gli voglio bene e mi
dispiacerebbe se avesse dei problemi...Questa sera sono uscito in terrazza
perché sentivo degli schiamazzi provenire dal piano di sopra...Risate, urla,
salti, spostamento di mobilio e poi un rumore di aspirapolvere, insomma un gran
casino che ha irritato molto i miei genitori che, come le dicevo sono anziani e
malati...”.
“A casa di Andrea?!...Stasera!?...C'era
qualcuno a casa di mio figlio Andrea...ehm, di sua madre!?”.
“Sì!...Saranno state una quindicina di
persone, ragazzi e ragazze che sono saliti un po' alla volta già dal primo pomeriggio e hanno cominciato
una festa, ballando e facendo baldoria fino a poco fa...”.
“Ma...Andrea mi ha detto che era andato a
mangiare una pizza e che un'oretta fa era in piazza con gli amici...Come è
possibile scusi?”.
“...Ad un certo punto, ero fuori in terrazza, ho ascoltato la voce di uno di
loro...Uno che non mi piace per niente perché l'ho visto diverse volte con
Andrea e mi sembra un poco di buono, uno “pericoloso”... Che parlava al telefono dicendo di essere il padre di
Giorgio e ho capito che era con lei che
stava parlando...”.
“...Sì...Con me... Infatti... (brutto figlio
di...Allora non era il padre di Giorgio! )”.
“...Gliel'ho voluto dire perché ero
preoccupato per Andrea, non vorrei mai che si mettesse in qualche guaio e,
siccome sua madre non c'è...Sa, oggi non si può essere mai sicuri, può
succedere di tutto...Meglio stare attenti, capisce?...”.
“Perfettamente sig. Scutarich, ho capito tutto e le sono
molto grato per la sua telefonata. Intanto ho capito che Andrea mi ha detto un
sacco di bugie... Ma, mi scusi, c'è ancora qualcuno di sopra? Lei sente ancora
rumori se ho capito bene...”.
“In effetti, fino a poco prima di uscire di
casa per telefonarle si sentiva un gran chiasso provenire dal piano di sopra,
poi ho visto uscire Andrea di corsa in bicicletta, con una ragazza sul sellino
posteriore ma di sopra facevano ancora baldoria...Ora non saprei dirle
sinceramente se siano ancora lì...”.
“Ok, la ringrazio ancora e mi scuso per
quello che è accaduto, ovviamente ora Andrea dovrà darmi delle spiegazioni (se ne sarà capace...) vado a svegliarlo e
poi vengo lì a controllare cosa sta succedendo.
Sono davvero mortificato e anche molto
arrabbiato, se lei ha la pazienza di aspettarmi vengo appena possibile...Grazie
ancora per avermi avvertito...”.
“Non si preoccupi, affronti la cosa con calma,
l'importante è che Andrea stia bene e sia con lei...L'aspetto sotto casa tanto
rimango sempre sveglio fino a tardi, a dopo...”.
“D'accordo, buonasera”.
(Incazzato come sono potrei prenderlo a
sberle e fargli anche male...Bisogna che mi calmi un attimo e poi vediamo il
signorino cosa mi dice...).
Conto fino a duecento...Poi gli tolgo
lenzuola e coperte di dosso e lo afferro per un braccio:
“Che cosa hai combinato!? Eh...!?”.
“Ma papà...che fai?...Ma che...Cosa è
successo?...Stavo dormendo...”.
“Ah... il signorino sta dormendo?...Ma
poverino... il bambino buono sta
dormendo e il papà lo sveglia così, di colpo, senza una ragione e ora gli dà
tante botte sul culetto se non gli dice
tutta la verità IMMEDIATAMENTE!! Cos'è questa storia che a casa tua (di tua
madre) c'è gente che fa casino fino a mezzanotte passata ?! Ne sai niente tu?
NON NE SAI NIENTE?!”.
“...Ma...Eh...Che...Forse, io
non...Cioè...Che vuoi dire papà, non capisco...?”.
“Questo voglio dire (la prima l'ha
schivata...La seconda l'ha presa in
pieno e io stesso mi sono chiesto se fosse giusto limitarmi alla sola domanda invece di aggiungervi una
sberla...Poi, a seguito della sua
reticenza, ho dovuto insistere per le
vie brevi pur di ottenere una risposta plausibile...)”.
“Sì...Sono stato uno stupido, è vero...Non
dovevo...Ho fatto una stupidaggine (lacrime di coccodrillo...) sono andato a
casa con i miei amici... Avevo le chiavi...”.
“...Ma non ti avevo detto, uscendo di casa,
di tenere LA TESTA SULLE SPALLE?”.
“...Sì...Ma l'ho fatto per loro...”.
“Per loro? Ma sei impazzito? Come ti sei permesso di agire in questo modo?
In assenza di tua madre e a fronte di una precisa mia raccomandazione? Ma ti
rendi conto della gravità di ciò che hai fatto? TI RENDI CONTO O NO?! “.
“Sono stato proprio uno stupido a farmi
scoprire così...Uno stupido...Papà scusa...”.
“COME SAREBBE A DIRE...A FARMI SCOPRIRE? MA
SEI SCEMO?...Non è questa la stupidata ma il fatto che tu abbia potuto prendere
in giro tuo padre in questo modo. Questa è la cosa grave!...E poi tutta la
sceneggiata della telefonata, il padre di Giorgio...Tutti i discorsi che
abbiamo fatto io e ... A proposito ma...CHI CAZZO ERA QUELLO CON CUI HO PARLATO
AL TELEFONO?!”.
“...Marco...”.
“...MARCO? E CHI E' MARCO PER POTERSI
PERMETTERE DI PRENDERE IN GIRO TUO PADRE, SI PUO' SAPERE!?”.
“...Ma niente, è un amico...Aveva la voce
adatta e abbiamo pensato che andasse bene, era il più adatto a fare la
parte...”
“ABBIAMO PENSATO?... IL PIU' ADATTO?...MA
COS'ERA UN GIOCO DI SOCIETA'? Ora prendiamo per il culo qualcuno. Chi
vogliamo prendere per il culo stasera
ragazzi? (e tutti in coro...) IL PAPA'
DI ANDREA!!
Bella roba, ma non ti vergogni ? Organizzare
una cosa del genere alle spalle di tuo padre che ti crede da tutt'altra
parte...Che razza di bugiardo, falso, figlio di...(umh...fammi stare zitto che
è meglio...)”.
La prima cosa che faccio, dopo averlo
strappato al suo letto, gli sequestro il
cellulare...E' lì dentro scopro quante palle e con quale linguaggio può raccontare un ragazzino di sedici anni
con una faccia di tolla come la sua...
“Vestiti immediatamente e andiamo a vedere
cosa succede, SUBITO!”.
Quanto è successo mi è chiaro subito. Anche
troppo. Entrando verso le due e mezza
con la Polizia all'interno dell'appartamento, dopo aver recuperato in
piena notte le chiavi di casa da un'amica di Andrea (perché il furbetto è
uscito di corsa lasciandogliele in consegna...), la puzza di fumo e di alcol mi
dice che non c'è stata una semplice festa tra amici con pizza e coca cola ma un
festino a base di qualcos'altro. Qualcosa che non mi piace e non piace nemmeno
ai poliziotti che rovistano dappertutto senza trovare le “prove”, fatte sparire
accuratamente.
Gliel'ho detto in tutti i modi che deve stare
attento...Molto attento!
Quando l'ho riaccompagnato a casa, due giorni
dopo, al rientro di sua madre dall'estero è sceso dall'auto ed è andato via senza darmi neanche un bacio sulla
guancia e non si è nemmeno girato a guardarmi come ha sempre fatto prima di
chiudersi il portone alle spalle.
Sono
due mesi che non lo sento e che penso
a cosa ho sbagliato, se ho sbagliato.
Mi ritorna spesso in mente l'immagine di mio padre, dei miei piccoli
passi lenti e della grande cassa di legno lucido, sospesa sulle spalle robuste
di quei quattro vestiti di nero che me lo stanno portando via per sempre.
Avevo solo undici anni e continuavo a dirgli
fra le lacrime... “ciao papà”.
Forse non ho fatto in tempo a capire...
Maurizio Zenga (Napoli, 1954)
Architetto,
grafico, illustratore, vignettista,
docente di Arte e Immagine.
Ha
lavorato nel campo della televisione, della pubblicità e del teatro.
Esperto
di didattica multimediale. Scrive e disegna per diletto e per riflettere sulle
cose del mondo.
Vive in
provincia di Treviso.