Prolusione
al corso di «Letteratura Disegnata»
Il professor Occultis
Furore, sabato 7 marzo 2015
Dal mio studio a Picco su Fiordo
Impazza una bufera di vento a più di 120 all’ora
Io ascolto in cuffia Max Knopfler, Sultans of Swing
Un piccolo capolavoro evergreen
Oggi tutti, me compreso, partono dalla convinzione di voler scrivere
per emergere. L’idea non starebbe più nel perché si scrive e quale sia l’intima
pulsione che ci spinge a farlo. No, chi se ne fotte. Questa roba è del tutto secondaria.
La fissa, più che idea, è quella di EMERGERE. Sì, avete letto bene,
EMERGERE, tutto in maiuscolo. Urlato a tutto spiano, sopra ogni cosa. Film
americani, serie TV, il governo e i suoi spot, università, scuole elementari,
asili-nido, docenti, pubblicità, tutti a osannare la “sana” competizione, il
“merito”. Salvo che il merito si perde per strada e resta solo la competizione,
condotta con qualsiasi mezzo. Soprattutto illegale, scorretto, barbaro. Ti
prendo a randellate e vinco. Punto.
Emergere, dunque. Come nella barzelletta dell’ Inferno. Un tizio va all’inferno. Siccome non so quale
punto-qualità ha vinto legato a un concorso di patatine fritte, gli viene
concesso, dal diavolo-guardaporta, il
privilegio di scegliere dove andare a finire. In quale girone. E lui si guarda
in giro: là ti strizzano le palle, qui ti cavano gli occhi, di là ti bruciano
il culo su una graticola a mille gradi, e ancora più in là ti tagliuzzano a
pezzi sempre più piccoli. Brutte prospettive. Che scegliere? Alla fine vede un
mare di merda e tutti i dannati immersi fino alla cintola a guardarsi in giro.
Non ha dubbi, sceglie e dice al diavolo che l’accompagna col forcone
poggiato sul culo: «Voglio andare lì» e indica il mare di merda.
S’immerge. Non appena è con la merda fino alla cintola sente la voce
del diavolo-secondino.
«Guagliù, i cinque minuti di ricreazione concessi ogni secolo sono
passati. Forza, tutti con la capa di sotto».
Ecco. Gli scrittori e i disegnatori di oggi paragonano il (possibile)
successo editoriale e di pubblico a quei cinque minuti di aria concessi ogni
cent’anni nell’inferno della barzelletta.
Farebbero qualsiasi cosa perché da soli cinque minuti si trasformassero
in dieci, un’ora, un giorno, un anno o forse tutta la vita.
Tutti gli scrittori in erba hanno letto almeno un romanzo di Stephen
King (io trovo che il migliore sia La bambina che amava Tom Gordon) così
come tutti gli aspiranti fumettisti hanno dato uno sguardo a La ballata del mare salato di Hugo Pratt
(anche se io continuo a preferire il Bleck Macigno della EsseGesse e, in particolare,
i primi numeri, in specie quelli dove fa
per la prima volta la sua apparizione il magnifico, universale professor
Occultis).
Bene. Questo corso di Letteratura
Disegnata non intende farci diventare dei sostituti (molto scadenti, per
forza di cose) di Stephen King o dei fumettari di primo pelo che scopiazzano le
strip di Hugo Pratt e scimmiottano la silhouette di Corto Maltese.
E’ vero, semmai, il contrario. L’ideale, per me, sarebbe quello sostituire al mare magnum di
merda della «cultura di massa» contemporanea, un mare magnum di cultura di base
solida, ben fondata, diffusa, di tutti e, soprattutto, anonima, priva di
individualità emergenti.
A un modo frustrato e demenziale che fa di espressione del tipo
«Vesuvio, lavali col fuoco» il massimo di espressività
artistico-popolar-nazional-calcistica si dovrebbe sostituire un mondo felice,
appagato di quello che ha, sobrio, attento, per niente complicato.
Perché? Perché la competizione è sbagliata in se stessa. E’ un concetto profondamente antiumano e irrazionale.
Se fossi più bigotto direi che la
«competizione fra simili» è l’astuzia più malevola di quel demonio mandato dal
suo capo Lucifero a condannare tutti gli uomini
della Terra a una vita molto simile, uguale, se non peggiore di quella
cui saranno condannati, dopo la morte, per l’eternità.
Perché?, chiederete voi. Perché tutti gli uomini sarebbero condannati?
Per l’idiozia. Quella sì è il vero peccato più nefando. Essere idioti,
cretini, stupidi o, se vi pare, coglioni.
Fare del mondo la pattumiera che è diventato per essere i primi di
tutti, fare i galli sulla monnezza come si dice a Napoli, non è indice di
un’idiozia senza fine?
Si è primi in un mondo che non c’è più. Pericoloso, sporco, infetto,
destinato a morire. A far morire ogni forma di vita esistente.
Allora, quando i tornado saranno più violenti e devastanti, quando la
terra trasuderà petrolio, diossina e bitume da ogni sua zolla, quando l’aria
sarà irrespirabile zeppa di zolfo e veleni e il sole brucerà tutto come una
centrale nucleare impazzita e fuori controllo, quando l’acqua sarà piena di
scorie radioattive e di metalli pesanti, quello che è riuscito a diventare il
“primo” nella “moderna” competizione, democratica e antifascista, si accorgerà,
mentre jetta ‘o sanghe ‘e chillemmuorto pure lui, assa fa, che in realtà è stato il primo in quel processo
di morte messo in essere da lui stesso, assieme a tutti quelli come lui, con la
loro profonda stupidità.
E con questo tema siamo entrati a pieno in uno dei termini fondamentali
di questo corso, quello di “letteratura”. Ed è chiaro che il mio riferimento
non sarà King e il suo coacervo paranoico-demenziale di follie psicologiche e
frustrazioni dell’uomo comune, ma l’universo letterario-emozionale e ideale dolente
di Fëdor Dostoevskij e della sua grandissima umanità lacerata.
E avrete capito subito che, per me, letteratura vuol dire scrivere con
poche, pochissime idee chiare nella testa. Che letteratura e scrivere sono sinonimi,
secondo me, di “andare nel culo a quegli imbecilli che accumulano ricchezze e
impoveriscono la vita su questo pianeta”.
Dunque sono ambientalista, comunista, animalista e lotto per
l’uguaglianza, di fronte alla vita e alla morte, di tutti gli esseri viventi
che sono uguali fra loro, il fiore, la farfalla, il bambino, la ragazza, il
vecchio, la donna, il cane, la gallina, il colombo, l’agnello e tutti gli
altri. Uguali e degni di rispetto da parte di ciascuno di noi.
Alla faccia di tutti gli imbecilli che occupano posti di potere. Come si
usa tanto da noi.
Lieto di fare la vostra conoscenza.