di Giacomo Ricci
Ieri ho avuto
un contraddittorio piuttosto sostenuto con un "amico" di FB che aveva
esordito in questo modo: «Mio nonno diceva, a proposito dei primati vantati dal
Regno delle due Sicilie: "O primato do cazzo. A quel tempo c'era solo
miseria e fame”».
Non tanto
felice, e, devo dire, volgaruccia ma certamente una battuta. Ma poi la nostra
discussione, come spesso accade su FB, è degenerata. E saluti e baci. Ognuno è
restato della sua opinione.
Io ho sostenuto che dappertutto in Europa la vita non era semplice visto che verso gli ultimi decenni del Settecento quelle che governavano erano delle monarchie assolute. Forse ce ne dimentichiamo e siamo portati a misurare con l metro di oggi situazioni di quel tempo che raffrontabili non sono. Però, io sostengo che il Regno delle due Sicilie, rispetto agli altri, pur trattandosi di monarchia assoluta, delle conquiste rispetto all'epoca Vicereale di dominio spagnolo (di totale abbrutimento) le aveva sancite. E ho citato, tanto per fare un esempio, la questione della colonia di San Leucio fondata e voluta da Ferdinando IV di Borbone. Nel paternalismo che caratterizza l'azione del sovrano - e come potrebbe essere stato diversamente - lo statuto di San Leucio, firmato da Ferdinando e voluto fortemente dalla consorte Maria Carolina, fu steso materialmente dal massone Planelli, ispiratosi a Mario Pagano e altri illuministi di primo piano sulla cui fede politica ipoteche non sono possibili.
Io ho sostenuto che dappertutto in Europa la vita non era semplice visto che verso gli ultimi decenni del Settecento quelle che governavano erano delle monarchie assolute. Forse ce ne dimentichiamo e siamo portati a misurare con l metro di oggi situazioni di quel tempo che raffrontabili non sono. Però, io sostengo che il Regno delle due Sicilie, rispetto agli altri, pur trattandosi di monarchia assoluta, delle conquiste rispetto all'epoca Vicereale di dominio spagnolo (di totale abbrutimento) le aveva sancite. E ho citato, tanto per fare un esempio, la questione della colonia di San Leucio fondata e voluta da Ferdinando IV di Borbone. Nel paternalismo che caratterizza l'azione del sovrano - e come potrebbe essere stato diversamente - lo statuto di San Leucio, firmato da Ferdinando e voluto fortemente dalla consorte Maria Carolina, fu steso materialmente dal massone Planelli, ispiratosi a Mario Pagano e altri illuministi di primo piano sulla cui fede politica ipoteche non sono possibili.
Il Re lo firmò di suo
pugno, facendolo quindi suo dal punto di vista intellettuale. Ed è episodio sul
quale riflettere a lungo, visto lo stato di denigrazione continua rivolto
contro il Regno delle due Sicilie e l'insopportabile propaganda patriottarda
(che maschera una colonizzazione brutale) che abbiamo imparato a scuola. Un
atto, come tanti altri, che sancisce, anche a dispetto di chi sostiene tesi
contrarie, che il Regno delle due Sicilie, all'interno delle monarchie assolute
all'epoca vitali, era certamente uno dei luoghi migliori in cui vivere. Anche
per la povera gente. Per i Lazzari, come si dice. Leggere anche Croce a questo
proposito non guasterebbe ai soliti criticoni disinformati e ignoranti. Croce
parla bene dei Lazzari, fin a quando non gli diventano antagonisti perchè
lottano contro le sue idee liberali. Plebe (io direi popolo) che, ricordiamoci,
non esitò a farsi uccidere per il suo re e a trasformarsi poi in briganti
(partigiani dico io) per combattere per quella che sentivano, a pieno diritto,
la loro patria. Erano povera gente. Non avevano ricchezze. Ma, nonostante possa
sembrare retorica e pasta trita e ritrita, si accontentavano di una campagna
meravigliosa, di una città che era la terza in Europa, di n tessuto urbano
stupendo, di aria sole e luce come non c'erano in alcun altro posto al mondo.
Che poi tutto questo sia stato trasformato in stereotipo e ci si sia accaniti
contro portandoci tutta la spazzatura d'Europa è cosa che con il Regno delle
due Sicilie non ha nulla a che vedere. Tutta munezza postunitaria che ancora
dura. Tutta propaganda e esemio negativo costruito ad arte da uno stuolo di
pennivendoli e "intellettuali" di regime da vomito, di una nazione di
schifo che è l'Italia delle mazzette, dei soprusi, dell'inquinamento, della
produzione selvaggia, della speculazione edilizia, dell'inquinamento forsennato,
del cancro di stato, della malavita, dei misteri e degli oscuri rapporti
stato-mafia, della politica infingarda e cialtrona. Ma di questo, se andate a
leggere con attenzione, nel Regno delle due Sicilie non c'era assolutamente
nulla. La miseria, quella vera, quella che viviamo oggi, è frutto di una
borghesia cialtrona, arruffona, onnivora, devastante, cinica, corrotta, egoista
come i peggiori tiranni dell'antichità oppressiva e stolida.
Allego per chi volesse approfondire Lo Satuto di San Leucio
firmato da Ferdinando IV, rimandando alle pubblicazioni esistenti chi volesse
saperne di più intorno al grande significato politico-sociale della fondazione
di San Leucio. Nulla da invidiare al francese Fourier e il suo familisterio,
tanto per intenderci (questo molto più tardo comunque). E così tra i tanti
primati c'è anche questo, di essere stato, quello delle Due Sicilie, uno stato,
una patria nella quale per primo si fondò, si realizzò e si rese produttiva una
delle prime colonie socialiste mai esistita al mondo. E tra l'altro con un
prodotto di grande pregio, le stoffe e rasi e i damaschi di San Leucio che
ancora oggi sono una preziosità produttiva unica al mondo. E non mi soffermo
sull'innovazione tecnologica, la massa sterminata di telai jacquard e la grande
macchina tessile inventata ex abrupto con l'appassionata partecipazione di re
Ferdinando in prima persona che dal fiume traeva la sua alimentazione. E
scusate se è poco!
ORIGINE
DELLA
POPOLAZIONE DI S.LEUCIO
Suoi progressi fino al giorno d’oggi
Colle Leggi
Corrispondenti al buon governo di essa
di
FERDINANDO IV
RE DELLE DUE SICILIE
Napoli 1789
Nella Stamperia Reale
Origine
e progressi della popolazione di San Leucio
Non
essendo certamente l'ultimo de' miei desideri quello di ritrovare un luogo
ameno, e separato dal rumore della Corte, in cui avessi potuto impiegare con
profitto quelle poche ore di ozio, che mi concedono da volta in volta le cure
più serie del mio Stato; le delizie di Caserta, e la magnifica abitazione
incominciata dal mio augusto Padre, e proseguita da Me, non traevano seco
coll'allontanamento dalla Città anch'il silenzio, e la solitudine, atta alla
meditazione ed al riposo dello spirito; ma formavano un'altra Città in mezzo
alla Campagna, colle istesse idee del lusso, e della magnificenza della
Capitale. Pensai dunque nella Villa medesima di scegliere un luogo più
separato, che fosse quasi un romitorio, e trovai il più opportuno essere il
sito di S. Leucio. Avendo pertanto nell'anno 1773 fatto murare il Bosco, nel
recinto del quale eravi la vigna, e l'antico Casino de' Principi di Caserta,
chiamato di Belvedere; in un'eminenza feci fabbricare un piccolissimo Casino per
mio comodo nell’andarvi a caccia. Feci anche accomodare un'antica, e mezzo
diruta Casetta, ed altra nuova costruire. Vi posi cinque, o sei Individui per
la custodia del Bosco, e per aver cura del sopradetto Casinetto, delle vigne,
piantagioni, e territori in esso recinto incorporati. Tutti questi tali colle
loro famiglie furon da Me situati nelle sopradette due Casette, e nell'antico
Casino di Belvedere, che fec'indi riattare. Nell'anno 1776 il Salone di detto
antico Casino fu ridotto a Chiesa, eretta in Parrocchia per quegli Abitanti
accresciuti al numero di altre famiglie diciassette, per cui mi convenne
ampliare le abitazioni, come feci anche della mia.
Ampliato
che fu il Casino, incominciai ad andarci ad abitare, e passarci l'Inverno: ma
avendo avuto la disgrazia di perdere il mio Primogenito, e per questa cagione
più non andandoci ad abitare, stimai di quell'abitazione farne altro più utile
uso. Gli Abitanti sopracitati, con altre quattordici famiglie aggregateci,
giunti essendo al numero di 134, attesa la favorevole prolificazione prodotta
dalla bontà dell'aria, e dalla tranquillità e pace domestica, in cui viveano; e
temendo, che tanti fanciulli e fanciulle, che aumentavansi alla giornata, per
mancanza di educazione non divenissero un giorno, e formassero una pericolosa
società di scostumati, e malviventi, pensai di stabilire una Casa di educazione
pe' figliuoli dell'uno, e dell'altro sesso, servendomi, per collocarveli, del
mio Casino; ed incominciai a formarne le regole, ed a ricercar de' soggetti abili
ed idonei per tutti gl'impieghi a tal'uopo necessari.
Dopo
di aver messo quasi tutto all'ordine, riflettei, che tutte le pene, che mi
sarei dato, e tutte le spese, che vi avrei erogato, sarebbero state inutili;
poiché tutta questa gioventù benché ben educata, giunt'ad un'età tale d'aver
terminati tutti quegli studi alla di lor condizione adattati, sarebbe rimasta
senza far nulla; o almeno applicar volendosi a qualche mestiere, avrebbe
dovut'altrove portarsi, per ricercarsi sostentamento; non essendomi possibile
di situarne, che pochi al mio servizio nel luogo. Ed in quel caso, come
sommamente sensibile sarebbe stato alle rispettive famiglie il separarsene;
così anch'Io provato avrei una gran pena di vedermi privato di tanta bella
gioventù, che come miei propri figli avea riguardato sempre, ed aveva con tanta
pena cresciuti. Rivolsi dunque altrove le mie mire, e pensai di ridurre quella
Popolazione, che sempre più aumenta, utile allo Stato, utile alle famiglie, e
utile finalmente ad ogn'individuo di esse in particolare: e rendendo in tal
maniera felici e contenti tanti poveretti, che per altro fin' al giorno di oggi
essendo vissuti nel santo timore di Dio, ed in ottima armonia e quiete fra di
essi, non mi hanno dato menomo motivo di lagnamene, godere Io di questa
soddisfazione in mezzo di essi, e delle loro benedizioni, in que' momenti, che
le altre mie cure più interessanti mi permettono di prendere qualche sollievo.
Utile allo Stato, introducendo una manifattura di sete grezze, e lavorate di
diverse specie fin ora qui poco, o malamente conosciute, procurando di
ridurl'alla miglior perfezione possibile, e tale da poter col tempo servir di
modello ad altre più grandi.
Utile
alle famiglie, alleviandole da' pesi, che ora soffrono, e portandole a uno
stato da potersi mantener con agio, e senza pianger miserie, come fin ora è
accaduto in molte delle più numerose ed oziose, togliendosi loro ogni motivo di
lusso coll'uguaglianza, e semplicità di vestire; e dandosi a' loro figli fin
dalla fanciullezza mezzo da lucrar col travaglio per essi, e per tutta la
famiglia, del pane, da potersi mantenere con comodo, e polizia.
Utile
finalmente ad ogn'individuo in particolare, perché dalla nascita ben educati
da' loro Genitori; istruiti in appresso nelle Scuole normali, già da qualche
tempo con profitto introdotte; ed in ultimo animati al travaglio dall'esempio
de' loro compagni e fratelli, e dal lecco del lucro, che quelli ne
percepiscono, si ci avvezzeranno, e talmente si ci affezione-ranno, che
fuggiranno l'ozio padre di tutti i vizi, da' quali infallibilmente ne sarebbero
nati mille sconcerti, lasciando inoperosa tanta gioventù, che ora siam sicuri
di evitare, perché giunti di mano in mano questi bravi, e belli giovinetti, e
fanciulle all'età adulta e propria, venendosi ad accoppiare, aumenterà sempre
più questa sana, e robusta Popolazione, composta al giorno di oggi di 214
individui. Oltre i Padri, e le Madri di famiglia, che travagliano, sono già
impiegati nelle manifatture molti figliuoli dell'uno, e dell'altro sesso, ed in
una famiglia, che ne ha alcuni grandi, bastantemente buoni artefici, il loro
lucro giornale va da 10 a 12 carlini.
Ora
si è ingrandita la Casa di Belvedere per riunirvi tutto il lavorio, e le
manifatture, ch'erano disperse nelle diverse abitazioni, e per fare, che tutta
quella Gioventù sia riunita sotto gli occhi di quel degnissimo Parroco, e degli
altri non men degni Sacerdoti, che c'invigilano. Si stanno anch'edificando
delle nuove Case per comodo di que' giovani, che vadano giungendo all'età di potersi
unire in matrimonio, e per quegli Artefici forestieri, che si fissino nel
luogo. Di questi ve ne sono alcuni fissati, ed altri, che fanno il noviziato,
non essendo che poco tempo, che son venuti.
Lo
stato presente delle cose giunto essendo ad un tal termine, ed avendosi
riguardo all'avvenire, sembrami richiedere, che questa nascente Popolazione,
che in pochi anni può divenire ben numerosa, riceva una norma, per sapere i
retti sentieri, su de' quali possa dirigere i suoi passi con sicurezza; e nel tempo
stesso sia in istato di conoscere la sua felice situazione; e questa da qual
fonte derivi. Questa norma, e queste leggi da osservarsi dagli Abitanti j di S.
Leucio, che da ora innanzi considerar si debbono, come una medesima famiglia,
son quelle, che Io qui propongo, e distendo, più in forma d'istruzione di un
Padre a' suoi Figli, che come comandi di un Legislatore a' suoi Sudditi.
Procurerò, che siano ristrette, e adattate, per quanto più si può, allo stato
presente, ed alle attuali circostanze di questa piccola nascente Popolazione,
per cui son fatte. Se questa, crescendo, avrà bisogno di nuovi regolamenti, o
se l'esperienza ne indicherà degli altri non preveduti, e necessari, mi riserbo
di darli; cercando per altro di non allontanarmi da' principi fondamentali
della presente istruzione.
Nessun
uomo, nessuna famiglia, nessuna Città, nessun Regno può sussistere, e
prosperare senza il timor santo di Dio. Dunque la principal cosa, ch'Io impongo
a Voi, è l'esatta osservanza della sua santissima Legge. Due sono i principali
precetti della medesima.
Amar
Dio sopra ogni cosa.
II
Amar il Prossimo suo, come se medesimo.
Amar
Dio sopra ogni cosa è amarlo con tutt'il cuore, con tutta la mente, con tutta
l'anima, con tutte le forze: è anteporlo a tutte le Creature; ed amarlo più di
tutte le cose a noi più care. Nasce in Noi quest'obbligo dal gran bene, che ci
ha fatto, e che ci fa in ogni istante. Egli ci ha creati dal nulla. Egli ci ha
redenti col suo preziosissimo Sangue. Egli ci mantiene. Egli ci dà quanto ci
occorre. L'aria, il cibo, la luce, la salute, i figli, tutto ci vien da Lui.
Obbligo dunque di tutti è adorarlo, e venerarlo, com'Ente supremo, e autor di
tutte le cose: di ubbidirlo, come Sovrano Signore, e Padrone: di temerlo come
Giudice giusto, a cui nulla è nascosto: di ricorrere a lui ne' bisogni, e di
esercitar verso di Lui gli atti di vero culto, e vera devozione. Tutte le
mattine perciò al far del giorno corra ciascuno al Tempio ad odorarlo: Si
reciti in coro la preghiera; ed ogn'uno in particolare gli offra in olocausto
nel S. Sacrifizio della Messa, che ivi si celebrerà, tutti gli atti del suo
cuore e della sua mente. Pass'indi alla fabbrica, od in casa; ed attenda nel
suo Santo Nome al proprio dovere. Le sere, al tramontar del sole, quando tutti
saranno sciolti dal lavoro, si torni nuovamente in Chiesa alla visita del SS.
Sacramento, ed a Lui si rendan tributi di onore, e di gloria pe' benefizi
ricevuti, recitandosi anche in coro l'altra preghiera. Osservi ciascuno i
precetti della Chiesa: e frequenti i Santissimi Sacramenti; e a quest'effetto
il Parroco, e gli altri Sacerdoti assistano con assiduità in Chiesa per comodo
di tutti, particolarmente ne' dì festivi. Amar il Prossimo suo, come se
medesimo, è non far agli altri quello, che non vorremmo, che fosse a Noi fatto:
ed è fare agli altri, quello che vorremmo, che a Noi si facesse. Da questo
dettato della Divina Sapienza nascon vari doveri, de' quali alcuni diconsi
negativi, altri positivi.
Capitolo I
Doveri negativi
I
Doveri negativi son quelli, che impongono l'obbligo di astenersi dall'offender
alcuno in qualunque maniera. Or in tre maniere si può offendere alcuno. Si può
offendere nella persona, nella roba, e nell'onore.
I. Non si può offendere alcuno nella
persona.
Si
offende alcuno nella Persona o coll'ammazzarlo, o col ferirlo, o col batterlo,
o col fargli scherni, dispetti, insolenze, ovvero col molestarlo ed inquietarlo
in qualunque modo. Nessuno di questi atti ardirà mai alcun di voi di commettere
contra il suo simile; siccome non ardirà mai neppur l'offeso di prender da sé
la privata vendetta: ma ricorrerà a' suoi Superiori per la dovuta giustizia; e
credendo non averla da quelli ottenuta, potrà anche di poi venire da Me.
Vegliano contri tutti questi delitti attentamente le Leggi: ma tanto più
veglieranno esse contra quelli, che mai si commettessero in questa Società, che
ha per suo principal fine l'amore, e la carità, e che l'esempio dev'essere
della pubblica educazione.
II. Non si può offendere alcuno nella roba.
Si
offende alcuno nella roba, ogni qualvolta o con violenze, o con inganno si
usurpa, o si ritiene ingiustamente quello, ch'è d'altrui. Il titol di ladro è
il titol più infame e vergognoso che poss'aver l'uomo. Ciascuno dunque si
guardi bene di meritarlo per alcun modo. In ogni Società i ladri son condannati
ad atrocissime pene. In questa, dove l'onore, e la virtù sono i principali
cardini della medesima, se mai ve ne fossero (che non è neppur da dubitarsi)
saranno più rigorosamente puniti. Nelle compre perciò, nelle vendite, nelle
permutazioni, e in ogni altra specie di contratti ogn'uno si guardi di usar
soperchieria, ed inganno. Nessun venditore abusi dell'imperizia del compratore
col chiedere un prezzo maggiore del dovere: e nessun compratore si valga mai dell'ignoranza,
o della necessità, in cui è tal volta il venditore, per levargli quel giusto
prezzo, che gli spetta. Vadan bandite la menzogna, le frodi, e le fallacie
nelle misure, ne pesi, nella qualità delle robe, che si venderanno, o
compreranno, nella qualità del danaro, ed in tutt'altro, in cui l’astuzia, e
l'inganno possa usarsi; e si proceda in tutto con candore, onestà, e buona
fede. Sia la parola il vincolo più sacro della Società; e tutti sian
fedelissimi, e sinceri ne' detti, e ne' fatti. Chi ha fedelmente servito, sia
prontamente pagato; né alcuno gli neghi o ritardi la mercede dovuta a ciò non
sia causa della sua mina. In somma erigga ogn'uno nel suo cuore l'altare della
giustizia; e tratti col suo simile, come vorrebbe, che questi trattasse con sé.
III Non si può offendere alcuno nella
riputazione.
La
riputazione è la cosa più importante e più preziosa, che possa aver l'uomo
d'onore; e talvolta togliere altrui la riputazione è peggior delitto, che
offenderlo nella roba, e nella persona. Nessun quindi dirà mai cose false
contra di alcuno; e chi cadrà in questo delitto, vada immediatamente bandito da
questa Società. Nessuno dirà ingiurie, e villanie ad altri. Nessuno metterà in
ridicolo, e in beffa il suo fratello; essendo tutte queste cose contrarie a
quello spirito di carità, e di amore che Dio comanda, e che Io voglio, per ben
della pace, del buon ordine, e della tranquillità delle vostre famiglie, da voi
esattamente praticato.
Capitolo
II
Doveri positivi
I
Doveri positivi impongono di fare a tutti il maggior bene che si possa. Questi
sono o generali, o particolari. I generali riflettono sopra tutt'i nostri
simili. I particolari riguardano un Ceto particolare di persone, come sarebbe
il Sovrano, i suoi Ministri, i Superiori, gli Ecclesiastici, gli Sposi, i
Genitori, i Figli, i Fratelli, i Benefattori, i Maggiori di età, i Giovini e la
Patria.
Doveri generali
I. Ogn'uno deve far bene al suo simile,
ancorché sia suo nemico.
A
ciascun de' i nostri simili Noi dobbiam far sempre il maggior bene, che si
possa. Dio comanda, che si faccia per amor suo finanche a' nemici. La più bella
vendetta è quella di far bene a colui, che ci offese; e il più bel piacere è
quello di imperare per mezzo delle beneficenze sopra colui, che ci disprezzò. Soccorrerlo
nelle avversità, e aiutarlo ne' bisogni è mostrare a tutti gli uomini la più
sublime grandezza di cuore e di generosità. Ogni uomo in tutti gli stati può
far del bene al suo simile. Il Savio, il Ricco, l'Agricoltore, l'Artista,
quando impiegano i loro talenti, le loro ricchezze, le loro fatiche a pro de'
Cittadini, possono ben vantarsi di essere i Benefattori dell'Umanità. Ogni
volta dunque, che si presenti a voi l'occasione di giovare ad altri, ciascuno
l'abbracci; né mai si spaventi di qualche incomodo che seco porti questa
generosa azione; poiché sarà sempre ben compensato da quel dolce e puro
piacere, che l'accompagna. Questo sovrano precetto di Dio è fondato sopra
quella perfetta uguaglianza, che gli piacque stabilire fra gli uomini. Egli li
costituì in natura tutti fratelli, e dispose, che nessuno imperasse sopra di
loro, fuor di Lui, o di Coloro, ai quali egli affidasse il governo 'de' Popoli.
Per sua mercé Egli ha dato a Me il grave peso di governare questi Regni: ed Io
nel dar a voi questa legge non intendo far altro, che seguire i suoi eterni
consigli. Sin da prima, che Io concepii il bel disegno di unirvi in società in
questo luogo, pensai ancora, di crearvi tutti Artieri, e darvi la maniera di
divenirne famosi. La felicità di questi Reami mi fece concepir questa idea.
Vedendo, che i tre Regni della Natura, cioè il vegetabile, l'animale, e il
minerale qui per singolar dono della Provvidenza tengono la propria lor sede, e
che solo manca in essi, chi ai naturali prodotti de' luoghi dia le nuove forme,
mi risolsi nell'animo di porre ad effetto l'intrapresa. Già son pronte in buona
parte le macchine, e gli ordigni corrispondenti al disegno. Solo resta, che per
voi ci sia una fissa legislazione, che suggerisca la norma della condotta della
vita, e che prescriva gli stabilimenti necessari all'arti introdotte e da
introdursi.
II- II solo merito forma distinzione tra
gl'Individui di San Leucio.
Perfetta
uguaglianza nel vestire. Assoluto divieto contra del lusso.
Essendo
voi tutti Artisti, la legge che Io vi impongo, è quella di una perfetta
uguaglianza. So, che ogni uomo è portato a distinguersi dagli altri; e che
questa uguaglianza sembra non potersi sperare in tempi così contrari alla
semplicità e alla natura. Ma so pure, che vana e dannevole è quella
distinzione, che procede dal lusso, e dal fasto; e che la vera distinzione sia
quella, che deriva dal merito. La virtù, e l'eccellenza nell'arte, che si
esercita, debbon essere la caratteristica dell'onore, e della singolarità; e
questa, qual debba esser tra voi, sarà qui sotto prescritta. Nessun di voi
pertanto, sia uomo, sia donna, presuma mai pretendere a contrassegni di
distinzione, se non ha esemplarità di costume, ed eccellenza di mestiere. A
quest'oggetto per evitar la gara nel lusso, e il dispendio in questo ramo
quanto inutile, altrettanto dannoso, comando, che il vestire sia uguale in
tutti: che estrema sia la nettezza, e la polizia sopra le vostre persone, acciò
possa aversi quella decenza, che si richiede per rispetto, e venerazione dovuta
a Chi si degna portarsi a vedere i vostri lavori: che questa polizia sia anche
esattamente osservata nelle vostre case, acciò possa godersi & quella
perfetta sanità, ch'è tanto necessaria nelle persone, che vivono con
l'industria delle braccia. Di voi nessuno ancora ardirà mai chiamarsi col Don,
essendo questo un distintivo dovuto soltanto a' Ministri del Santuario in segno
di rispetto, e di venerazione.
Doveri particolari
I. Doveri verso il Sovrano.
Dopo
Dio devesi a' Sovrani, come dati agli uomini da Dio, la riverenza, la fedeltà,
l'ossequio. Le funzioni sublimi, ch'essi esercitano, gli fan dividere colla
Divinità questa venerazione. La loro persona dee rispettarsi, come sacra; e
tutti gli ordini, che vengon da loro, debbon ciecamente eseguirsi e prontamente
osservarsi.
II Doveri verso i Ministri.
Sono
i Ministri tutt'immagini de' Sovrani. Ogni posto, che da essi si occupa, si
occupa per loro. Per Loro essi comandano; per Loro vegliano alla custodia, ed
all'osservanza delle leggi. Per amor di Loro voi dunque dovete ad essi tutti
quegli atti di rispetto, e di ubbidienza, che l'autorità pubblica esige.
III. De' Matrimoni.
La
donna fu concessa da Dio all'uomo per sua ragionevol compagna. Dall'unione di
entrambi nacque la propagazione, e conservazione dell'uman genere; e dalla
moltiplicazione de' matrimoni ebbero origine, e tuttavia fioriscono le Società,
e gl'Imperi. Perché dunque anche questa Popolazione prosperi, ed aumenti sotto
la benedizione dell'Altissimo, ci voglion de' matrimoni, la celebrazione de'
quali per voi Io sottopongo alle seguenti leggi.
I.
L'età del giovane non dovrà esser meno di 20 anni; e quella della fanciulla di
16. Ed in queste circostanze né anche sia loro permesso di contrarre gli
sponsali, fino che dal Direttore de' Mestieri per lo giovane, e dalla
Direttrice per la fanciulla, non vengano con attestato dichiarati provetti
nell'arte, a segno di potersi lucrar con sicurezza il mantenimento; ed allora
in premio della lor buona riuscita si concederà da Me ad esse una delle nuove
case, che ho espressamente fatto costruire con tutto ciò, che è necessario pe'
comodi della vita, e i due mestieri, co quali lucrar si possano il quotidiano
mantenimento. II. Quando un giovine giunto all'età stabilita, avrà inclinazione
per una giovane, che sia anche dell'età prescritta ed abbiamo ambedue appreso
le rispettive arti, dovrà subito dame parte a' suoi genitori, i quali
n'avvertiranno quelli dell'altra parte per loro intelligenza, e perché di comun
consenso badino sulla condotta de' figliuoli, a ciò tutto vada con decenza, ed
acciocché non accada inconveniente alcuno; potendo ben darsi il caso, che su di
una medesima persone più di uno pretenda.
III.
Nella scelta non si mischino punto i Genitori, ma sia libera de' giovini, da
confermarsi nella seguente maniera, Nel giorno di Pentecoste nella Messa
solenne, in cui interverranno tutti gli abitanti del Luogo, e le fanciulle, ed
i giovini esteri, che travagliano nelle manifatture, da due fanciullini dell'uno,
e dell'altro sesso si porteranno all'Altare per benedirsi da chi celebra, due
canestri pieni di mazzetti di rose, bianche, per gli uomini, e di colo;
naturale per le donne; e nel terminar questa funzione à ciascun individuo se ne
prenderà uno, come le palme Nell’uscir poi dalla Chiesa, i Pretendenti
nell'atrio di essi dov'è il Battisterio, presenteranno il loro mazzetto a la
ragazza pretesa; e questa accettandolo, lo contraccambierà col suo; ma
escludendolo, con polizia, e buona maniera glielo restituirà; e né all'uno, né
all'altra sarà permesso contestazione alcuna; e perciò i primi ad uscir di
Chiesa, e situarsi nel sopradetto atrio saranno i Seniori del Popolo per
imporre loro la dovuta soggezione. Coloro, che contra-cambiato si saranno il
mazzetto, lo porteranno in petto sino alla sera; quando dopo della S.
Benedizione accompagnati da' rispettivi Genitori si porteranno dal Parroco, che
registrerà i nomi, e la parola. Dopo questa funzione sarà permesso farsi
quant'altro incombe a norma del Concilio di Trento, e di ogni altro requisito
della legge, in Chiesa, in cui interverranno i Seniori del Popolo, e i
Direttori, e le Direttrici dell'arti, non solo per solennizzare con quella
pompa, che si richiede, questo gran Sacramento, ma per contestare agli Abitanti,
che gli Sposi meritano la stima di tutti per la bontà del loro costume, e per
essersi coll’arte, che già hanno appresa, resi utili a loro, alle famiglie,
allo Stato, e che per tutt'il tempo della loro vita non vivranno mai a peso di
alcuno.
IV.
Essendo lo scopo di questa Società che tutti rimangon nel luogo; quindi per
impegnarli a restare, alle figliuole, ch'abbian imparata l'arte, e voglion
maritarsi fuori, non sarà dato altro, che soli docati 50 per una volta tantum e
dal momento saran considerate com'estere, senza speranza di mai più potervi
tornare.
V.
Quando un giovine abitante, o artefice vorrà prender in moglie una estera, non
potrà farlo, se prima tal giovane che egli vuoi sposare, non abbia appreso il
mestiere in questa, o in altra manifatturia.
VI.
E se assolutamente voglia prender in moglie una estera, che non abbia arte in
mano, dal momento uscir debba dal luogo, di dove non sarà più considerato come
Individuo, e senza speranza di potervi più ritornare.
VII.
Que' giovini dell'uno, e dell'altro sesso, che giunti sieno all'età di 16 anni
senza essersi impiegati nelle manifatture per mancanza di volontà, saranno
mandati in Casa di correzione, col divieto di non poter mai più tornare nel
luogo.
E
coloro, che impiegaticisi non abbian nulla appreso per mancanza di
applicazione, saranno mandati in Casa di educazione, col divieto di non poter
tornare nelle lor case, se non istrutti.
VIII.
Essendo lo spirito, e l'anima di questa Società l'eguaglianza tra gl'Individui,
che la compongono, abolisco tra' medesimi le Doti, e dichiaro, che ciò che da
Me sarà per beneficenza somministrato, come di sopra si è detto, in occasione
di matrimoni, sarà solo per premio della buona riuscita, che gli sposi avranno
fatta nell'arte, e nel buon costume: beneficenza, che a loro accorderò col
divino aiuto sino alla quarta generazione, dopo di che la donna porterà il solo
necessario corredo; dovendo aver dopo la morte de' Genitori, la parte eguale
co' maschi, com'in appresso sarà prescritto.
IV. Degli Sposi.
Capo
di questa Società coniugale è l'uomo. Natura gli deferì questo dritto: ma gli
proibì nel tempo stesso di opprimere e di maltrattare la sua moglie. Con tuono
di maestà in ogni occasione gl'intima l'obbligo di amarla, di difenderla, e di
garantirla da' pericoli, ai quali la sua debolezza la porterebbe. Il marito
deve alla moglie la protezione, la vigilanza, la previdenza, gli alimenti, e le
fatiche più penose della vita. La moglie deve al marito la giusta preferenza,
la tenera amicizia e la cura sollecita per cimentare da più in più la cara
unione. Impone ad essi natura questi sacri precetti non solo per ispirare sul
di loro esempio ad ogni altro Individuo i sentimenti della Società, ma perché
divenendo Genitori, non sien i figli infelici, e negletti tra le dissenzioni, e
le discordie domestiche; ed in luogo di presentare Cittadini buoni, ed utili
alla Patria, gli sian discoli, e perversi. Or per seguire questo gran disegno
della natura, sempre savia nelle sue operazioni, Io prescrivo, e comando a ogni
marito di questa Società di non tiranneggiar mai la sua moglie, né di essere
ingiusto, togliendole quella ricompensa che sia dovuta alla di lei virtù: ad
ogni moglie, che rendasi cara al suo marito; che nelle cure, e ne' travagli sia
la sua fedele compagna; e che l'onore richiami sul comun letto maritale le
celesti benedizioni.
V. De' Padri di Famiglia.
È
il principal fine del matrimonio la procreazione della Prole. Divenuti gli
sposi Genitori de' figli, eccoli sottoposti ad altri più pesanti doveri, ed a
più precise obbligazioni. Il Padre è nell’obbligo di sovvenire, di assistere,
di sostenere insieme colla madre i propri figli. Entrambi son tenuti di
educarli, e di procurar loro uno stato di felicità in questo Mondo. Per le loro
o della loro compiacenza e contentezza, o del loro continuo rammarico. Per le
loro o sollecite o trascurate cure diverrann'essi l'oggetto o della loro
compiacenza e contentezza, o del loro continuo rammarico. Per loro saranno
membri utili, o disutili della Società; buoni, o viziosi; onorati, o infami;
comodi, o bisognosi. A voi dunque, che già Padri siete, o a cui toccherà in
sorte di esserlo, a voi comando di educar bene i vostri figliuoli. Se voi
ispirerete a tempo l'amor della fatica, essi saranno utili a se, a voi, alla
Patria. Se la modestia, e la sobrietà, non avranno occasione di vergognarsi. Se
la gratitudine e la carità, otterranno benefìzi, e si guadagneranno l'amore di
tutti Se la temperanza, e la prudenza, saranno sani, e fortunati. Se la
giustizia e la sincerità, sarann'onorati, e non sentiranno rimorsi nel cuore.
Se finalmente la religione, essi vivranno, e moriranno contenti. Questo è di
tutt'i doveri l'articolo più importante; e perché scorgo che da esso deriva non
solo la pace, e il ben essere delle famiglie, ma benanche la prosperità, e la
felicità dello Stato, Io sono entrato a prendervi la principal parte.
VI. Leggi per la buona educazione de' Figli.
Già
è situata in Belvedere la Scuola normale, in cui s'insegna ai fanciulli, ed
alle fanciulle sin dall'età di anni 6 il leggere, lo scrivere, l'abbaco; il
catechismo della Religione; i doveri verso Dio, verso sé, verso gli altri,
verso il Principe, verso lo Stato; le regole della civiltà, della decenza, e
della polizia; i catechismi di tutte le arti; l’economia domestica; il buon uso
del tempo, e quant'altro si "chiede per divenir uom dabbene, ed ottimo
Cittadino. Obbligo vostro sarà che tutt'i vostri figli dell'età prescritta
vadan nelle date ore del giorno alla scuola Per renderli ancora utili a voi,
allo Stato, e ad esso loro e per non farli andare altrove a cercar la maniera
d'impiegarsi, ho provveduto questo luogo di macchine, d'istru-menti, e di
artisti abili ad insegnar loro le più perfette manifatture e vi s'introdurranno
ancora tutte quelle altre arti, che hann'immediato rapporto coll'introdotte, ad
oggetto di aversi quell'insieme, che indispensabilmente vi si richiede per
l'economia e per la perfezione. Vi saranno stabilimenti particolari pel buon
ordine, e sistema delle manifatture, ne' quali sarà fissato l'orario del lavoro
secondo i dati mesi dell'anno. I prezzi del lavoro d'ogni manifattura saranno
fissi; ma il giovine, o la fanciulla apprendente salirà per gradi, e come
anderà perfezionandosi nell'arte, sino al prezzo, che godesi da' migliori
artisti, nazionali e forestieri. Pervenuti a questo stato, se avran talento da
portare la di loro opera ad un altro grado di maggior bellezza, e perfezione,
si terran de concorsi; e quello, o quella, di cui il lavoro sarà più bello, più
esatto, e più perfetto, avrà per premio il distintivo o una medaglia d'argento,
ed in qualche caso anche d'oro, che potrà portare in petto; ed in Chiesa avrà
la privativa di sedere per ordine di anzianità nel Banco, che sarà chiamato
«del merito», che sarà situato unicamente per i giovani di tal fatta alla parte
sinistra dell'Altare. Le cognizioni perfette della Divinità, la scienza di
tutte le sociali virtù, l'amore e la continua applicazione al lavoro, il
desiderio di distinguersi per via di merito, il giusto compenso che troveranno
nella fatica, mi fanno sperare, che un giorno possan divenire gli oggetti della
mia compiacenza, come della vostra tenerezza; e possan giustamente ereditare da
voi tutto quello, che voi colli vostri sudori vi avete onoratamente
procacciato. Ed in questo ancora voglio, che siate distinti da tutto il resto
de' miei popoli.
VII. Leggi di successione.
Voglio,
e comando, che tra voi non vi sian testamenti, né veruna di quelle legali
conseguenze, che da essi provengono. La sola giustizia naturale, e la naturale
equità sia la face, e la guida di tutte le vostre operazioni. I figli succedano
a' Genitori, e i Genitori a' Figli. Abbian luogo i collaterali, ma nel solo
primo grado. In mancanza di questi succede la moglie, ma nel solo usufrutto, e
fino a che manterrà la vedovanza. Dopo la di lei morte, e sempre nel caso di
mancanza di tutti li sopradetti eredi, sian i beni del defunto del Monte degli
orfani, delle cui rendite si forma una Cassa, che chiamerassi degli Orfani da
amministrarsi per ora dal Parroco, che sarà obbligato di darne a Me conto.
Se
poi mancan degli orfani di padre, e di madre, i quali non sien ancora in istato
di lucrarsi colle proprie fatiche il cotidiano alimento, mia sarà la cura di
mantenerli e farli educare col prodotto della sopradetta Cassa, e col di più,
che vi necessiti.
Abbian
i figli porzion eguale nella successione degli ascendenti; né mai resti escluso
la femmina dalla paterna eredità, ancorché vi sian de' maschi.
VIII. De' figli di famiglia.
Impressi
dall'Altissimo fin da' primi momenti della creazione ne' cuori de' Genitori i
sentimenti di sì sviscerato amore verso de' figli, era senz'altro della sua
Divina giustizia prescriverne a' medesimi il gran precetto di onorarli Tante
pene, tanti sudori, tanti affanni meritavano certamente un onorato compenso. Io
che le veci di Dio sopra di voi sostengo, sull'esempio del suo tremendo
comando, l'istesso precetto a voi rinnovo. Rispettate, o figli, i vostri
genitori: ricevete con umiltà i loro avvisi, e le loro correzioni soffrite
volentieri anche i castighi: ed emendazione de' vostri vizi, e de' vostri
difetti: serviteli: soccorreteli: compiaceteli in ogni cosa: siate loro grati,
e non dimenticate neppur un momento i benefizi ricevuti: e soprattutto
astenetevi da ogni atto, che possa offenderli.
Questo
il gran Dio vi precetta, e questo anch'Io comando. E se Dio maledice que'
figli, che sono irrispettosi a' padri, Io li bandisco per sempre da questa
Società, come mostri indegni di più stare nella medesima. Anzi perché in essa
non alligni razza di gente così inumana, condanno a l’istessa pena colui, che
essendo stato presente l’ingiuria, non sia corso immediatamente a darne parte
a’ Seniori del Popolo, per passarne a Me prontamente l’avviso.
IX. De' Fratelli.
L'amore
è l'anima di questa Società. Dunque, voi, o fratelli, figli di un istesso
padre, e che il latte succhiaste di una madre istessa, amatevi con vero amore;
aiutatevi scambievolmente con vera premura: vivete fra di voi in perfetta
concordia; nessuno abbia invidia dell'altro, e soffochi all'istante nel suo
cuore que' sentimenti di odio, e di vendetta, che mai concepito abbia per
qualche torto dall'altro ricevuto. L'offeso reclami l'autorità del padre, se
vive, ed alle determinazioni di questi placidamente si sottometta, e si accheti.
In mancanza poi del padre corra a' Seniori del Popolo, e la pace da loro
implori. L'odio tra' fratelli è la più brutta, la più perfida, la più indegna,
e scandalosa cosa, che possa vedersi sulla Terra.
X. De' discepoli.
I
Maestri equivalgono ai Genitori. Se i Genitori danno la vita, i Maestri danno
la maniera di sostenerla. Quegli obblighi dunque, che i figli hanno a'
Genitori, quelli stessi i discepoli hanno a' Maestri. Ad essi debbono l'amore,
e a gratitudine: ad essi l'ubbidienza, ed il rispetto. La pratica per tanto di
tutti questi doveri alla grata riconoscenza di tutte le loro cure Io anche a
voi costantemente impongo.
XI. De' Benefattori.
Se
v'ha sulla Terra creatura, che in alcun modo possa gareggiare colla Divinità,
egli è senz'altro il benefattore. Deve a questo il beneficato il prezzo del
beneficio in tutta la sua estensione.
Se,
per esempio, un infelice vicino a perder la vita per la fame, trova un'anima
benefica, che lo ristori gli deve al Benefattore la vita: se lo soccorre ad
uscire le miserie, a lui deve tutto quel comodo, che acquista: si porta ad
essere felice, a lui deve tutta la felicità. Gli obblighi dunque de' beneficati
sono sempre assoluti: a niuno di essi è lecito sconoscerlo senza la taccia
d'ingrato. L’ingratitudine è un vizio così odioso, e detestabile, che rivolta
tutta l'umanità. Ogni uomo ha interesse ad odiare l'ingrato, perché riconosce
in lui uno, che tende a scoraggiar l'anime benefiche, a bandir dal commercio la
compassione, la bontà, la liberalità, e quel santo desiderio di giovare, che
forma il modo più sacro della Società. Voi dunque, quanti siete in questa
Società, rispettate chi vi benefica: contestategli in ogni occasione i
sentimenti della più sincera riconoscenza: soddisfate a tutt'i suoi desideri:
non l'inducete mai a pentirsi di tutto quello, che vi fa: ma dategli continui
motivi di spandere sempre più sopra di voi le sue beneficenze, e di estenderle
sul vostro esempio sopra degli altri.
XII. De' Giovani.
I
vecchi, e tutt'i maggiori di età avendo meritato da Dio il dono di essere di
questo Mondo prima dei giovani, è quindi un dovere di questi venerarli, ed
ubbidirli in tutte le cose lecite, ed oneste. Nessuno per conseguenza può
oltraggiarli: che anzi debbon tutti rispettare la loro veneranda età, ed ascoltare,
e seguire i loro prudenti consigli. E se mai alcuno vi sarà tra voi, che abbia
il temerario ardire di usare loro poco rispetto, e poca venerazione, il padre,
o se questi manca, i Seniori del Popolo per la prima volta l'ammoniranno
seriamente: per la seconda volta faranno dal figlio chiedere perdono in
pubblica Chiesa al Vecchio offeso; e per la terza volta se ne passerà a Me
l'avviso per espellerlo dalla Società.
XIII. De' Vecchi.
Dovere
però de' vecchi, e de' padri di famiglia sarà sempre dar a' giovani, ed a'
figli il buon esempio non solo nell'esemplarità della vita, ma anche nell'amor
della fatica; poiché se essi saranno sobri, religiosi, prudenti, laboriosi,
modesti, tali saranno i giovani, ed i figli; e così si avrà nella Società quel
fondo di virtù, che ardentemente desidero.
XIV. De' Seniori del Popolo.
Tempo
di eleggerli, e loro doveri. Tra questi, comando, che in ogni anno nel giorno
di San Leucio se ne scelgan cinque de' più savi, giusti, intesi, e prudenti, i
quali senza strepito giudiziario col dolce nome di Pacieri, e di Seniori del
Popolo, di unita col Parroco, decidano tutte le controversie civili, e d'arti
senza appello: provvedano, e procurino, che nella società non manchi nessuna
delle cose di prima necessità; mentre liberamente si permette a chiunque voglia
di aprir Forni, Macelli, Cantine, ed ogni altra bottega di commestibili, ma
coll'obbligo di tener le provviste per comodo della Società, dal principio fino
alla fine dell'anno, e di vendere a giusto prezzo i generi, e non maggiore
dell'assisa di Caserta, senza frode, e senz'inganno; e coll'obbligo speciale a'
venditori di vino di non far mai nelle loro botteghe, o cantine giuocare a
veruna sorta di giuoco, ancorché lecito, o per ischerzo, sotto pena di essere
immediatamente sfrattati dalla Società. Si assicureranno di tutti questi
articoli i Seniori suddetti con le debite sicurtà; ed invigileranno sulla bontà
de' generi, e su tutt'altro, che convenga col massimo rigore, e colla più
religiosa esattezza. Sarà cura de' sopradetti Seniori ancora di invigilare
rigidamente sul costume degli individui della Società, sull'assidua
applicazione al lavoro, e sull'esatto adempimento del proprio dovere di
ciascuno. E trovando, che in essa al-ligni qualche scostumato, qualche ozioso,
o sfaticato, dopo averlo due volte seriamente ammonito, ne passeranno a me
l'avviso, acciò possa mandarsi o in casa di correzione, o espellersi dalla
Società, secondo le circostanze. Della proprietà, e nettezza delle abitazioni
sarà anche loro la cura, perché da tutti si osservi; prendendone specialmente
occasione nella visita degli infermi, che dovranno giornalmente fare, per darmi
distinto ragguaglio del numero di essi in unione del Medico, della qualità
delle malattie, e de' soccorsi straordinari, di cui necessitassero.
Loro
cura parimente sarà di dar'esatto conto de' Forestieri che capitassero nel
luogo, e dovessero pernottarci; colla distinzione del motivo perché siano
venuti: in casa di chi rimangono, e per quanto tempo.
XV. Dell'inoculazione del Vaiuolo, e degli
Infermi. Vi sarà perciò una Casa separata totalmente dall'altre in luogo di
aria buona, e ventilata, chiamata dagl'Infermi. In questa ne' debiti tempi di
autunno, e di primavera d'ogni anno si farà a tutt'i fanciulli e le fanciulle
della Società, l'inoculazione del Vaiuolo. In ess'ancora si trasporteranno
tutti coloro, che saranno attaccati da morbi contagiosi, tanto acuti, che
cronici. Per questa Casa vi saranno i suoi regolamenti particolari, riguardanti
il buon governo non solo degl'infermi, ma benanche l'economica amministrazione.
Un Prete tra gli altri assisterà sempre in
essa
per comodo degl'infermi, ed ora l'uno, ora l'altro de' Seniori del Popolo tutte
le mattine, e tutt'i giorni ne faranno la visita, per vedere, se tutt'è in buon
ordine, se vi è la massima polizia possibile, e se gl'infermi sono assistiti
tanto nello spirituale, che nel temporale colla massima esattezza, e
scrupolosità. I Medici, i medicamenti, le biancherie e quant'altro occorre pel
mantenimento del luogo, e degl'individui, tutto sarà sempre da Me
somministrato.
XVI. Maniera di eligere li Seniori del
Popolo.
L'elezione
de' sopradetti Seniori si farà, congregandosi tutti i Capi di famiglia dopo
della Messa solenne con tutto il rispetto, e con tutta la decenza nel salone
del Belvedere, per bussola segreta, ed a maggioranza de' voti, sempre
presidente il Parroco.
Dell'elezione
se ne farà subito a Me rapporto per ottenere la conferma, ed in virtù di essa
potran godere dell'onorifica distinzione di sedere in Chiesa nell'altro banco
del merito, situato a fronte di quello de' giovani dalla parte destra
dell'Altare.
XVII. Degli Artisti poveri. Della Cassa di
carità, e suoi regolamenti.
Per
effetto di quell'amore, ch'è l'anima di questa Società, e per quello spirito di
fratellanza, che a ciascuno di voi deve far riguardare questa Popolazione, come
una sola famiglia, giusto è ancora che se tra voi si trovi in Artista, privo di
moglie e di figli, o con questi, ma non in istato di lucrarsi il pane per loro,
e pel povero padre caduto in miseria o per vecchiaia, o per infermità, o per
altra fatai disgrazia, ma non mai per pigrizia, ovvero infingardaggine; sia da
tutti comunemente soccorso, acciò non si riducano nello stato di andar
mendicando, ch'è lo stato più infame, e detestabile, che sia sulla terra.
Perciò siavi tra voi una Cassa, che chiamerassi della Carità, dalla qual sian
codest'infelici comodamente soccorsi o per tutto il tempo della vita, o fino a
che non sian rimessi in istato di potersi lucrare il pane. Avrà questa Cassa
per fondo un rilascio di un tari al mese, che ogni manifatturiere, che sia in
istato di guadagnare più di due carlini al giorno, farà in beneficio della
medesima; e di quindeci grana al mese, per quelli che guadagnino meno di due carlini
al giorno. Sarà ess'amministrata dal Parroco, da' Seniori, e da' Direttori
dell'arti, i quali rilasceranno in beneficio della sopradetta Cassa quello, che
più la pietà lor detti. Tutti daranno il voto nel caso di doversi soccorrere
qualche infelice. L'esazione si farà nel seguente modo. Tutti gli Artisti di
qualunque condizione siano, saran descritti in uno Stato. Questo si affiggerà
nell'atrio della Chiesa, dove ogni prima Domenica di mese, la mattina, dopo un
dato segno di campana, che si chiamerà la Carità, si troverà il Parroco, sempre
che possa (o chi egli destinerà degli altri Sacerdoti) a ricevere da' medesimi
la somma prescritta, che farà notare da ciascuno di proprio carattere in un
libro, che appositamente si terrà. Raccolta la Carità, si farà la numerazione
degli Artisti con la nota, o sia Stato alla mano, e della moneta pagata in
presenza de' Seniori, e de' Direttori; e si vedrà, se tutti hanno adempito al
loro dovere. Chi non abbia adempito, si noterà in un foglio, che si affiggerà
in una tabella chiamata de' Contumaci, che si sospenderà appresso allo Stato
degli Artisti, acciò ogn'uno sappia il contumace. Chi manca per tre volte, e
non purgherà la contumacia pagando nell'ultima volta tutto l'attrasso, sia
cassato dallo Stato sopradetto, e non goda più né questo privilegio personale
in caso di disgrazia, né l'esequie, e gli altri suffragi, come in appresso si
dirà, a spese della Cassa suddetta; su di che invigileranno rigorosamente i
Seniori. Questa Cassa sarà chiusa a tre chiavi, delle quali una ne terrà il
Parroco, un'altra li Seniori, e la terza finalmente li Direttori. A nessuno
sarà mai lecito di disporre di un grano di essa per altro uso, in fuori di
quello detto di sopra, o di quant'altro in appresso si dirà. Ogni anno fatta
l'elezione de' nuovi Seniori del popolo, si farà la numerazione del denaro in
essa esistente, e se ne farà la consegna a' nuovi Eletti insieme colle chiavi.
Il Parroco, e li Direttori riterranno sempre le chiavi presso di loro, e solo
si renderanno indegni di questa prerogativa coloro, che si mostreranno infedeli
verso di essa. Appena entrati in governo i nuovi Eletti prenderanno i conti
dell'introito, ed esito da tutte le soprammentovate persone, e subito si
rimetteranno a Me per poterli far esaminare, e discutere.
XVIII. Dell'esequie, e de' lutti.
L'esequie
sian semplici, divote, e senza distinzione. Il Parroco, e li soli Preti del
luogo assoceranno il cadavere senza esigere emolumento alcuno. Quando il
cadavere sarà in Chiesa (ciocché non si farà se non venti quattro ore dopo
morto) si farann'ardere d'intorno al medesimo solo quattro candele. Ciascun
Prete celebrerà per l'anima del defunto una Messa letta, ed il Parroco la
cantata. Il cadavere di un Seniore del Popolo, che muoia in ufficio, sarà
associato dal Clero, come sopra, e da tutti i Capi di famiglia, portanti avanti
del medesimo le candele accese in riconoscenza de' buoni servizi prestati alla
Società. Nella morte finalmente di un Direttore, o di una Direttrice di arti,
oltre il Clero suddetto vi anderanno ad associarli li giovani, e le giovani
discepoli con le candele come sopra. Tanto la spesa per le Messe, che per le
candele sarà fatta dalla Cassa, alla quale torneranno li residui di queste. Non
vi sian lutti, e solo nelle morti de' genitori, e degli sposi, per gli ultimi
uffizi dovuti a' medesimi sia permesso alla tenerezza de' figli, delle mogli, e
de' mariti un segno di duolo di un velo al braccio per l'uomo, e di un
fazzoletto nero al collo per la donna per due mesi solo al più.
XIX. Della Patria.
La
Patria è la cosa più cara, che siavi sulla terra. Essa ha in custodia la roba,
le spose, i padri, i figli, le madri, la libertà, la vita de' Cittadini. Ognuno
trova in essa come in un centro, tutte le sue delizie. Tutti dunque debbono ad
essa tutti quegli obblighi, che di sopra si sono a parte a parte descritti.
Ogn'uno deve teneramente amarla. Ogn'uno deve procurarle tutt'i beni, e
allontanarle tutt'i mali. Ogn'uno deve difenderla a costo della roba, del
sangue, e della vita dagl'insulti, e dagli attacchi de' nemici. Dalla salute di
tutti dipende la salvezza di ogn'uno. Più di tutti però essa esige da voi nelle
occasioni la sua difesa. L'Agricoltore, che deve co' suoi sudori cacciar dalle
viscere della terra il mantenimento per sé, e per voi, non può la terra
abbandonare. Se per darle soccorso corre all'armi, e getti il pesante aratro,
egli senza pane priva se e gli altri di quella vita, che cerca salvarsi. Voi,
voi, che per loro vivete, voi avete più stretti, e più precisi obblighi a
difenderla. Se voi dall'arti passate all'armi, l'Agricoltore co' suoi sudori
sosterrà voi sul campo, e farà vivere i vostri padri, i vostri figli, e le
vostre spose tra i loro teneri amplessi. In vece dunque di menar vita oziosa
ne' dì festivi, ed esporvi a' pericoli, dove l'ozio trascina, correte, dopo
aver santificata la festa coll'adempi-mento del proprio dovere, e dopo di aver
nelle ore determinate presentati i lavori, per riscuoterne la dovuta mercede,
correte, dico, ad esercitarvi nel maneggio dell'armi, che vi sarà insegnato
dalle persone a tal oggetto più adatte, e vi saranno anche de' premi,
proporzionati per coloro, che in esso si distingueranno. A voi ancora spetta
onorarla in tempo di pace. Come i fiori fanno colla loro varietà ricco ricamo
al verdeggiante prato; così voi colle vostre produzioni restituir le dovete
quel lustro, e quello splendore, che un dì fece invidiarla a tutta Europa.
Capitolo III
Degl'impieghi
Io
intanto intento sempre a premiarvi, assicuro tutti gli abitanti di San Leucio,
che ad esclusione degl'esteri, essi saran sempre impiegat'in tutti gli
impieghi, che vacheranno nel luogo: preferendosi però sempre fra i pretendenti
il più abile, capace, e di buona condotta. Al nuovo impiegato non si darà, che
la metà del soldo del defunto, quando quello lasci la vedova (con figli che non
siano ancora in grado di lucrarsi il proprio sostenimento) alla quale si darà
l'altra metà. Rimanendo poi la vedova sola, o con due figli almeno, che
guadagnino già due carlini al giorno per ciascheduno, resterà alla vedova il
solo terzo, ed il rimanente si darà al nuovo impiegato, per averlo tutto alla
morte della vedova.
Capitolo IV
Degli artisti esteri
Presentandosi
Artefici esteri per essere ammessi al lavoro, dopo di aver esibit'i loro requisiti,
o dato le notizie convenienti per farli venire; e dopo essere stati provati; e
trovati abili, volendosi fissare nel luogo, e godere di tutte le prerogative, e
privilegi degli altri abitanti, dovranno per un intero anno dar non equivoche
riprove di ottimi costumi, ed assidua applicazione al lavoro per esservi
ascritti; nel qual caso avranno l'abitazione, e gli utensili di sopra detti.
Non trovandosi poi tali, saranno immediatamente rimandati via.
Capitolo
V
Delle pene generali contra i trasgressori
Tutte
le leggiere mancanze, che si commetteranno dagli abitanti sopradetti, verranno
economicamente punite a proporzione del fallo.
Ogni
minimo accidente contra il buon costume sarà punito con
espellers'immediatamente dal luogo il colpevole, o colpevoli, e
privars'immediatamente il Genitore, o i Genitori per un anno di tutt'i
proventi, e regalie. A chiunque, sia uomo, o sia donna, ardisce mutare in
menoma parte il metodo e la moda prescritta di vestire, sarà immediatamente
proibito vestir più l'abito del luogo; per tre anni sarà considerato
com'estraneo; e sarà privo, come di sopra si è detto, di tutt'i proventi, e
regalie, che dagli altri si godono.
Qualunque
altro fallo, che sia suscettibile di pena di corpo afflittiva, ovvero infamante
verrà punito collo spogliarsi immediatamente, e con il massimo segreto, il
colpevole degli abiti del luogo, e sarà consegnato alla giustizia ordinaria.
Quest'è la legge, ch'Io vi dò per la buona condotta di vostra vita.
Osservatela, e sarete felici.
Ferdinando IV 1789