di Francesco Escalona
Li guardavo e mi comunicavano pace.
Precisamente, la sensazione che provavo era quella di aver
varcato uno stargate e di essere così entrato in un’altra dimensione
spazio-temporale...
Avevamo raggiunto in ordine sparso già a prima mattina
l’area umida alle spalle della duna ancora in formazione ed ognuno per suo
conto, aveva cercato il punto di osservazione più adatto.
Loro, gli ornitologi, si erano subito immersi in quel paesaggio
reduce del mediterraneo postmoderno …
Io mi ero seduto un po’ distante per osservarli, discretamente.
Il vento, che giocava appena con la sabbia sottile, mi soffiava
dolce nelle orecchie ed un gradevole tepore copriva languido i miei pensieri
ammaliati …
Quel mattino, chissà perché, non c’erano molti uccelli …
Avevano perciò lasciato, solo per un attimo, le loro sofisticate
armi tecnologiche: binocoli ad alta definizione, cannocchiali elettronici,
reflex digitali … brandendo ora, matite, taccuini, pennelli ed acquerelli.
Alcuni in piccoli gruppi, scherzavano allegramente tra loro
sfoderando l’arma dell’autoironia … altri, silenziosi, un po’ appartati,
guardavano fisso con incredibile serietà verso terra un punto indefinito,
invisibile ai più.
Elio, scrutava l’immensamente piccolo … analizzava, schizzava,
con l’attenzione e la cura dei ritrattisti del paesaggio dell’ottocento, un
minuscolo fiore che sbocciava.
Non un fiore particolare … era soltanto uno tra quelle migliaia
di piccoli fiori di camomilla dal capolino giallo che riempivano con il loro
intenso profumo, misto alla salsedine marina, il paesaggio mattutino della duna
sabbiosa.
Un fiore come tanti, quel fiore; destinato a compiere tutto il
ciclo della propria esistenza – seme, germoglio, tenero stelo, fiore glorioso,
amore con l’ape, seme al fresco vento, foglie appassite, fertile terra, e poi,
di nuovo, tenero germoglio … - nella pacata indifferenza verso le sorti
dell’Universo infinito e delle aggressive specie dominanti che lo popolano e
che anelano goffamente a governarlo …
Quel ragazzo, Elio, - scarpe da trekking, cappellaccio di
canapa, barba lunga ed occhio trasparente – lo conoscevo: era lo stesso che la
notte precedente, immersi tra le stelle, ci aveva raccontato dei sacerdoti
babilonesi e dei sapienti Sumeri che passavano la loro esistenza a misurare
ossessivamente la danza delle stelle, e quella della luna, quella splendida
luna piena, nella volta celeste, interrogandosi … e che avevano lanciato
coraggiosamente la loro stupita immaginazione nell’ignoto più profondo,
inventando, migliaia di anni fa, per compiere quei loro spericolati viaggi
mentali, gli strumenti inesorabili del tempo e dello spazio …
Misuravano, confrontavano e tramandavano … raccontando. e
ricordando, ossessivamente. disperatamente.
Ora, quel ragazzo dai capelli ricci e dallo sguardo sognante,
forse con la stessa attenzione sacrale, provava a penetrare e a disegnare
quell’infinito minimo, l’universo più minuto … l’universo ignoto di uno
scarabeo grigio antracite che attraversava il suo orizzonte senza confini …
chissà da dove veniva e dove andava quello scarabeo vagante in quell’oceano di
terra arsa, in quella sconfinata distesa, giungla inesplorata di giganteschi
boschi di camomilla …
e perché …
Io, li guardavo da lontano, dall’alto, Divo per qualche attimo …
Elio, dallo sguardo profondo e dal pensiero leggero, stava forse
percorrendo quell’invisibile retta, una e una sola, che congiungeva due punti
infinitesimali distanti tra loro cento anni luce: la vetta del piccolo dosso
raggiunto faticosamente dallo scarabeo, nel cespuglio di veccie rosa-lilla, e
l’altra vetta, quella del cratere in esplosione su Eta Ursae Majoris, stella
dell’Orsa Maggiore, detta anche Alkaid e Benetnasch, la settima stella del
nord, la stella di scintillio Brillante …
Una retta sottile attraversata solo in un lampo di tempo dal
pensiero innamorato di Elio … innamorato di questa terra..
Aveva ragione Erri: il pensiero, un vero pensiero, come questo,
è più veloce della luce.
E anche tu, caro lettore, se mi hai seguito con l’entusiasmo
dell’impossibile, sei già lì con me, su Eta Ursae Majoris …