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ebook di ArchigraficA

venerdì 18 gennaio 2013

Musica e cervello







di Umberto Di Porzio





Quando ho ricevuto questo gentilissimo invito a partecipare ad una celebrazione del centenario della nascita di John Cage ho accettato volentieri, anche se con molte perplessità. Perplessità che sono aumentate sentendo le colte e interessanti parole del maestro Di Scipio. Non posso che continuare a chiedermi cosa ci faccia un neurobiologo in questo colto e influente consesso.
Al mio posto avrebbe dovuto esserci piuttosto Renato Musto, fisico, esperto musicale, interessato alla musica e cervello che con le sue domande pertinenti e insistenti mi ha portato per mano a interessarmi a questi argomenti, che sono fuori dall'ambito specifico delle mie ricerche scientifiche sullo sviluppo dei neuroni dopaminergici e delle loro devastanti alterazioni, mi ha indotto a cercare di conoscere, da neofita e in maniera amatoriale, quel che è finora noto sui rapporti tra musica, linguaggio e cervello.
Il mio essere qui è forse anche un mio modo di rappresentare ed elaborare il lutto per la perdita incolmabile dell'amico Renato.

Cosa può dunque dire un neurobiologo sul silenzio? Ben poco.
Ho voluto comunque dividere questa mia breve chiacchierata in due parti.
Mutuando il titolo di un articolo giornalistico dell’amica e collega professoressa Carla Perrone Capano, potrei intitolare la prima parte di questo intervento:
         Il cervello è suonato
E la seconda parte
         È il rumore del mare che impedisce ai pesciolini di dormire?

Il cervello è suonato
Perché un’ipotesi affascinante è che la musica sia stata per la specie umana il primo modo di comunicare, precedendo il linguaggio verbale, avvalorando così l’ipotesi che il nostro cervello sia proprio “suonato”.
Già Darwin, ne L’origine dell’uomo  (1871), aveva postulato una stretta interconnessione nell’evoluzione della musica e del linguaggio, supponendo che la musica o il canto vengono prima. Del resto la comunicazione iniziale tra madre e neonato è innanzitutto musicale oltre che fisica. Teorie più recenti sostengono che la musica abbia avuto un'origine comune con il linguaggio.
Se il suono, il canto, il linguaggio sono caratteristiche che sembrano peculiari della specie umana, essi sono relativamente diffusi nel mondo animale, dove intervengono sia nel corteggiamento, finalizzato alla riproduzione della specie, sia come richiamo di gruppo, sia come apprendimento ambientale, avviso, allerta.
Anche Darwin ipotizzò che lo sviluppo dell'uomo “musicale” fosse il risultato dei processi di seduzione fra i due sessi, come negli uccelli, ma l'etnomusicologia moderna ritiene che inizialmente la danza e il canto umani non avessero fini estetici o riproduttivi, ma fossero tesi a influenzare la realtà, con lo scopo di scongiurare, di propiziare o di evocare.
Prima che un discorso o frase musicale possano essere percepiti e integrati con le rappresentazioni linguistiche memorizzate, i segnali acustici devono essere rappresentati attraverso un codice neurale e “consegnati” alla corteccia uditiva con precisione temporale e spettrale da strutture cerebrali sottocorticali. Tale preelaborazione sottocorticale coinvolge molte regioni tra loro distinte e una fitta rete di connessioni nervose.
Analisi con NMRf (risonanza magnetica funzionale) mostrano che la musica recluta non solo le aree cerebrali uditive ma anche le aree motorie nell’elaborazione degli impulsi musicali e le aree limbiche, cioè quelle emozionali, nell’elaborazione della tonalità e del ritmo.
In aggiunta, nell’uomo,  la pratica musicale e il suo apprendimento comportano il coinvolgimento di vari sistemi motori, emotivi e di memoria, nonché aree cognitive ed associative. Cioè la musica e le attività musicali coinvolgono diverse regioni del cervello secondo una gerarchia funzionale.
Come e dove si percepisce il suono? Dai recettori uditivi della coclea nell’orecchio interno, parte il nervo acustico o vestibolo cocleare che porta dapprima il segnale al tronco cerebrale dove si connette a un nucleo o aggruppamento di neuroni detto nucleo cocleare. Dal nucleo cocleare, il percorso prosegue attraverso il corpo genicolato mediale, o talamo uditivo. Il talamo ha molteplici funzioni. Si ritiene generalmente che agisca come un relè tra una varietà di aree sottocorticali e la corteccia cerebrale. In particolare, ogni sistema sensoriale (con l'eccezione del sistema olfattivo) comprende un nucleo talamico che riceve segnali sensoriali e li invia all'area corticale primaria associata,  le cui proiezioni neuronali giungono alla corteccia uditiva nel lobo temporale attraverso  regioni associate al trattamento dei comportamenti emotivi.
Nella CX uditiva sono localizzate mappe tonotopiche distinte che rappresentano l'intero spettro delle frequenze udibili, cioè parti diverse di questa zona del cervello possono essere attivate da suoni di altezze diverse. Altre zone della corteccia contribuiscono a effettuare l'analisi percettiva della musica, l'estrazione di informazioni più specifiche sulle sue caratteristiche acustiche, come il tono, timbro, intensità e asprezza. La musica dunque impegna una rete di regioni subcorticali tra cui anche il nucleo accumbens, una componente chiave del sistema di ricompensa dopaminergico mesolimbico.
In tutti i mammiferi invece esiste una regione a corteccia temporale che riceve afferenze nervose dal talamo e che risponde a stimoli uditivi. La corteccia uditiva può essere una sola primaria o anche può essersi sviluppata una corteccia uditiva secondaria in relazione alle specie. Nelle varie specie si sono poi sviluppare aree specializzate per servire alcune specifiche funzioni, come quelle consacrate all’eco-localizzazione nei pipistrelli, all'ascolto delle ultra-alte frequenze nei gatti, al linguaggio nell'uomo, ecc.
Il canto degli uccelli è forse il sistema più vicino al nostro e dirò dopo come.



Ricapitolando brevemente, le onde sonore colpiscono la coclea, di qui viaggiano verso il tronco encefalico, il talamo e i corpi genicolati per raggiungere la corteccia uditiva e finalmente giungere alle aree associative della corteccia prefrontale e di quelle chiamate orbitofrontale e del cingolo. Aree queste deputate all’elaborazione di stimoli uditivi complessi, come ad esempio a vocalizzazioni differenti. In aggiunta a queste altre regioni corticali anche parte della corteccia motoria viene coinvolta. Qui sono localizzati i neuroni specchio uditivi che si attivano sia quando la scimmia (o l'uomo) compie azioni con la mano o la bocca, sia quando ascolta il suono di azioni simili.
Del resto sembra quasi implicito che le interazioni tra sistemi auditivo e motoria siano importanti sia nella musica che nel linguaggio, e ciò è ampiamente evidente quando un essere umano apprende ad associare un suono con determinati movimenti per imparare a suonare uno strumento musicale.
Va anche considerato che nel territorio cerebrale, definito lobo temporale, sono collocati anche i centri che elaborano il riconoscimento visivo, la memoria e l'affettività. Più in basso poi è collocato l'ippocampo, che appunto serve a immagazzinare i ricordi, quindi la memoria a lungo termine. Dietro la corteccia uditiva è collocata l'area di Wernicke coinvolta nella comprensione del linguaggio scritto e parlato. Le sensazioni uditive mediante l’amigdala vengono “vagliate” dal sistema limbico e la corteccia orbito frontale producendo così le emozioni che associamo alla musica ed ai diversi suoni e canti. Il ricordo poi viene immagazzinato dalla memoria a lungo termine (quella duratura) mediante l’ippocampo.
L'area di Wernicke, è connessa all'area di Broca, che è localizzata nel piede della terza circonvoluzione frontale dell'emisfero sinistro ed è coinvolta nell'elaborazione del linguaggio. Oltre agli aspetti formali del linguaggio rappresentati nelle aree di Wernicke e di Broca dell'emisfero sinistro, esiste anche una componente affettiva del linguaggio che consiste sia nell'intonazione musicale del discorso (prosodia), che nella comprensione di queste componenti affettive. Le componenti affettive del linguaggio sono rappresentate nell'emisfero destro e la loro organizzazione anatomica è l'immagine speculare di quelle dell'emisfero sinistro preposte agli aspetti cognitivi del linguaggio. Apparentemente, le note e le scale musicali (ritmiche) vengono mediate primariamente dall'emisfero sinistro (area di Wernicke) e le melodie (ad andamento armonico ) vengono elaborate dall’emisfero destro.
Infine va detto che un'altra regione della corteccia che risponde al suono è quella insulare, che è stata implicata nella capacità di comprendere le esperienze emozionali degli altri e sembra essere associata all'apprezzamento emotivo della musica nell'uomo.
Come si localizza il suono? Quale il meccanismo che permette di comprendere da dove esso parta? Un animale per localizzare sorgenti sonore confronta il tempo di arrivo del suono alle due orecchie. La differenza temporale che un suono impiega a raggiungere ogni orecchio. Gli impulsi sinaptici provenienti dall'orecchio più vicino al suono stabiliscono una mappa in una rete neuronale che viene comparata con gli impulsi provenienti dall'orecchio più lontano dal suono e questo calcolo viene eseguito ad ogni frequenza del suono, usando una rete di neuroni giustapposti nel tronco encefalico.
E' interessante notare che sebbene mammiferi e uccelli si siano separati nell'albero evolutivo circa trecento milioni di anni fa, il canto di uccelli canori (come canarini o fringuelli) ha caratteristiche strutturali (unità minima, frase, canto) e fisiologiche (sequenze cerebrali ed esecuzione vocale) in comune con il linguaggio umano. Esso si realizza mediante circuiti cerebrali complessi, viene appreso imitando quello di membri adulti (tutori) della stessa specie, e nel tempo nuovi neuroni vanno ad occupare posti specifici nei circuiti necessari all’apprendimento del canto, senza la nascita di questi nuovi neuroni e la loro integrazione nei circuiti preesistenti non si realizza apprendimento del canto e/o di nuove “melodie”. Il canto degli uccelli offre pertanto un modello formidabile per studiare i meccanismi neurali e molecolari dell’apprendimento uditivo-vocale, a livello cellulare e subcellulare. Inoltre, recenti ricerche suggeriscono la possibilità di paralleli a livello di sintassi. Un altro punto di convergenza del canto degli uccelli e del linguaggio umano è dato da mutazioni in un gene, che codifica per fattore di trascrizione, FOXP2, abbondantemente espresso nei circuiti della produzione del suono in entrambe le due specie. Mutazioni di questo gene nell'uomo sono state correlate a una forma di disprassia umana e l'ablazione di questo gene negli uccelli impedisce a questi animali di apprendere il canto.

Come gli esseri umani, anche gli uccelli possono generare suoni usando strumenti, substrati che possono essere un albero; come per il picchio, o particolari penne, come per la beccaccia, anche se la maggior parte dei suoni viene prodotta mediante l’organo vocale, la siringe, equivalente della nostra laringe.
Negli esseri umani, come tra gli uccelli, la musica è una forma d'arte creativa, che è parte integrante di numerose attività sociali e di corteggiamento, la musica può anche essere un mezzo attraverso cui le persone sono in grado di far fronte alle emozioni, conflitti, aumentare la loro consapevolezza di sé. Vi sono quindi delle correlazioni anatomiche e fisiologiche del perché l’apprezzamento di una musica spesso è funzione dell’esperienza musicale del soggetto, della conoscenza del suo linguaggio, del perché possiamo immagazzinare il ricordo e possiamo provare delle sensazioni emotivamente piacevoli o spiacevoli, commuoverci, evocare immagini e sogni nell’ascoltare alcune frasi musicali o melodie.
D’altronde la musicoterapia è impiegata con successo nella riabilitazione post-traumatica, ma anche in pazienti affetti da autismo, disturbi del comportamento, stati d’ansia, stato di coma, malattia di Alzheimer etc. Ad esempio, nei pazienti colpiti da ictus cerebrale, l’ascolto di un paio d’ore di musica al giorno ha un effetto positivo non solo sull’umore, ma anche sulle capacità di recupero sia di memoria verbale che di attenzione. Certo anche quest’aspetto non è scevro da pericoli e minacce, pericoli per le speranze spesso fallaci che può indurre, specie nei casi di coma gravi ed altre alterazioni irreversibili dove i risultati non sono valutabili, minacce perché possono venire usate contro la musica non tonale: non ascoltano Cage, né altri musicisti moderni, i poveri pazienti, volenti o nolenti. Come del resto i pulcini o le vacche degli allevamenti.

Il silenzio non accade
o
È il rumore del mare che impedisce ai pesciolini di dormire?

Il nostro cervello non codifica solo i suoni ma anche il silenzio, o meglio per il cervello il silenzio non esiste come assenza, non evento ma è esso stesso evento evocatore.
Se ci sediamo davanti ad uno schermo muto in una stanza silenziosa o anecoica e vediamo scorrere immagini di una sega che taglia, una tazza che cade, un essere che urla, nel nostro cervello si attivano le stesse aree cerebrali che si attiverebbero se udissimo quei suoni, quei rumori.
Cioè gli stimoli visivi attivano le aree cerebrali che processano i suoni e la corteccia uditiva scatta in azione. In un recente studio del noto neurologo e neuroscienziato  Damasio, le persone sottoposte a questi esperimenti non solo mostravano un’attività delle aree uditive corticali viste per NMRf ma dicevano di aver effettivamente udito i suoni che solo la mente aveva riprodotto. Ma questo sembra vero solo per quei suoni che sono familiari o conosciuti al soggetto sottoposto all’esperimento. Se non avete mai sentito un cane ululare, la visione silenziosa di un cane che ulula non riprodurrà nel vostro cervello l’ululato del cane o del lupo.
E a differenza di Cage potremmo chiederci se quando vediamo e sentiamo un cane che abbaia sentiamo veramente abbaiare o ascoltiamo il ricordo di un cane che abbaia?
Come per Cage, il silenzio non esiste. Tuttavia la mente sa come zittire se stessa e trovare un poco di quiete.


Il silenzio dei ratti
Un ratto che improvvisamente avverte la cessazione del suono evocato dal movimento la percepisce come un segnale di pericolo e la sua ripresa come segnale di sicurezza. Cioè risponde a uno stimolo uditivo che segnala l'immobilità improvvisa di un cospecifico, la cessazione del suono del movimento. Dal momento che il congelamento o immobilizzazione è una risposta di paura diffusa tra gli animali, il silenzio può costituire un chiaro segnale pubblico veramente utilizzato da una varietà di animali nel loro ecosistema per individuare il pericolo incombente.

Il silenzio dei grilli
I grilli serali dell’isola Hawaiana di Kauai divennero improvvisamente muti a causa di una mosca parassita che usa i grilli maschi come un incubatore per le future mosche. I grilli maschi cantano sfregando le ali. Questo “canto” attira i grilli femmine, ma non solo, anche la mosca che inserisce le uova nel povero grillo, le mosche nasceranno e le larve pian piano divorano dall’interno la povera bestiolina, come nel film Alien, e poi le larve usciranno dal guscio ormai inutile costituito dal grillo.
Quindi i grilli erano a rischio d‘estinzione e il loro principale scopo nella vita unirsi a una compagna era diventato una minaccia per la loro vita individuale e quella della specie. Se si fossero zittiti semplicemente non avrebbero trovato più compagne... Quindi sono avvenute delle mutazioni che da un lato hanno zittito delle progenie di grilli maschi ed un cambiamento di comportamento, i grilli maschi che non cantano si affiancano a quelli che cantano e le femmine, attratte dal suono, al buio scelgono a caso il maschio che canta o il vicino silente.
Ed ecco che quindi il silenzio salva la vita di questi maschi e permette il mantenimento della specie. Nelle stagioni in cui le mosche non ci sono prevalgono i maschi capaci di cantare, quando ci sono le mosche quelli silenti.

Possiamo quindi dire che lo studio approfondito delle relazioni tra musica e cervello può far luce su come funziona la mente e può probabilmente anche avere importanti ricadute terapeutiche.