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ebook di ArchigraficA

giovedì 22 settembre 2011

Lazzari, appunti sparsi per la rivoluzione, 1

Domenico Gargiulo (detto Micco Spadaro), La rivoluzione di Masaniello

di Giacomo Ricci

Lazzari, appunti sparsi per la rivoluzione, è il mio nuovo romanzo, noir napoletano, della serie di "Pietre di Fuoco". I personaggi sono gli stess, Giuliano de Luca e gli altri, alle prese con un nuovo mistero da svelare. Un mistero che affonda verso la metà del Seicento, qualche giorno dopo domenica 7 luglio 1647, quando scoppiarono i moti di ribellione guidati da Masaniello. Quando cominciò la sua "pazzia" ...
Giuliano De Luca mette le mani nella storia e risolve il mistero, individuando colpevoli di quel tempo e di oggi.
Il racconto sarà pubblicato per brevi scene. Buona lettura.





scena 01: per cominciare, un morto

L’avvocato Geppino Silenti stava aspettando ormai da più di cinque minuti. «Sarò subito da lei» aveva detto la donna al cellulare. Si era avviato per la terrazza. Bella la vista da quel posto. Tutto il golfo illuminato. E di fronte l’isola di Nisida con il lungo pontile, le barche attraccate, i lampioni che gettavano  luce gialla che si rifletteva sulle onde. Una notte calma, tranquilla. Una dolce brezza sfilava dal boschetto alle spalle. 
Era da solo. Aspettare gli dava sempre un po’ fastidio, anche se il posto meritava. La signora con la quale aveva appuntamento era in leggerissimo ritardo. Lei aveva chiesto un posto appartato, in un orario fuori mano. Che li vedessero assieme era pericoloso, aveva detto. 
«Io voglio aiutarla. La faccenda mi sta a cuore, ma non ci voglio rimettere di persona» aveva aggiunto con un filo di voce.
«Nessuno dice questo. Nè lo pretenderei da chi mi sta dando una mano» aveva risposto Silenti, con il suo fare un po’ galante, di gentiluomo all’antica.
La faccenda era complicata. Scoprire chi stava soffiando in giro notizie, per così dire, “delicate” faceva parte dei suoi compiti. Tessere tele e trappole. Un ragno al lavoro. Questo amava dire di sé.
Purché la signora si sbrigasse, però. In giro non c’era anima viva.  Il posto era bello. Ma, in quell’ora notturna,  aveva un che di inquietante. La parete di tufo a precipizio sugli scogli, il lontano rumore del mare, le grandi grotte ai piedi della montagna, l’isola solitaria, le luci tremule. Da quel punto s’erano suicidate molte persone, negli anni passati. 
Un rumore di lato. Era lei. Eccola si avvicinava. Alla fine ci avrebbe capito qualcosa se quella donna si fosse decisa a raccontare come effettivamente stavano i fatti. 
La donna si avvicinò e con un sorriso gli tese la mano. La tese anche lui ma un bagliore improvviso in basso gli fece ritirare indietro istintivamente il braccio. 
Si rese conto di quello che stava accadendo solo un istante dopo che l’aria venne smossa dalla lama in movimento. Il primo colpo gli arrivò violento e silenzioso proprio all’altezza dello stomaco come un pugno. Il dolore acuto e improvviso lo fece piegare quasi in due. Portò istintivamente entrambe le mani all’altezza della ferita. Ma il coltello rapido lo colpì al fianco dove le braccia avevano lasciato libero un varco. 
Silenti tentò di spostare la mano dallo stomaco al fianco sinistro ma il pugnale lo colpì di nuovo violento e preciso sul lato destro all’altezza del fegato. Il dolore lo fece barcollare e lo sguardo si annebbiò. Dalla bocca non gli uscì neanche un rantolo. 
Il respirò gli morì in gola. Gli occhiali caddero in terra. Il cappello scivolò di lato sul prato. 
Un colpo da dietro, sferrato da una mano più decisa e potente, più violento gli penetrò all’altezza della spalla destra.
Un groppo di pensieri si affollava nella mente senza sciogliersi abbastanza. Non c’era tempo, … il tempo era giunto al termine. Lo capisci quando sei a un passo dalla fine,  gli avevano detto coloro che avevano scampato la morte per un pelo con i quali aveva avuto spesso a che fare. Sì, pensò rapidissimo, era proprio così. 
«Ci sono caduto come un pivello. Dopo tanti anni finire come uno scemo in un agguato banale, ma che strunzo …» riuscì ancora a pensare Geppino, mentre sentiva le forze venirgli meno e le gambe cedere sotto il peso del corpo massiccio. Il senso di rammarico per la leggerezza compiuta fu anche più forte del disappunto di andarsene all’altro mondo senza sapere chi lo stava facendo fuori.  Poi i pensieri gli si annebbiarono mentre considerava che, in fondo, abbandonare questa valle di lacrime era meno spaventevole che viverci. Affafottere tutti. Finalmente se li levava dalle palle. Un moto di stizza inghiottito da un pozzo nero e profondo …
Da quel momento fu colpito ripetutamente, rapidamente,  con precisione. Con ritmica freddezza le due lame si abbassavano sul corpo che ormai si accasciava a terra. Al primo ferro si era unito l’altro che, da dietro,  aveva preso a colpirlo ripetutamente più forte e con maggiore  precisione. 
Alla fine il corpo stette in terra immobile. Una delle due figure urtò la sua massa con la punta del piede scuotendolo.  Non si muoveva. Era finito. Due  ombre vestite in nero,  indistinte nell’oscurità della notte, lo sollevarono prendendolo per le gambe e le braccia.  Lo sistemarono nel bagagliaio dell’auto, nascosta dietro i cespugli. 
Poi uno dei due estrasse da un lungo fodero una lama più lunga e spessa e l’infilò nel torace di Silenti,  proprio all’altezza del cuore. Un solo colpo netto deciso, in pieno petto, tra una costola e l’altra. 
Pulì meticolosamente la lama. L’infilò nuovamente nel fodero. La ripose. 
Chiuse il portello posteriore. Poi salirono in auto e si allontanarono silenziosamente nella notte. 



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